di Sara Bonetti

Ci sono argomenti che ciclicamente fanno capolino nelle testate dei giornali, catturano per qualche settimana l’attenzione dell’opinione pubblica, per poi essere accantonati e  puntualmente riproposti non appena se ne presenta nuovamente l’occasione. Molto spesso si tratta di questioni strategiche per il nostro paese, che nonostante i continui richiami degli addetti ai lavori, vengono posti all’ordine del giorno solo quando assumono carattere di emergenza.

Ecco, quindi, che dopo il tragico evento sismico che ha colpito il Centro Italia lo scorso 24 agosto i riflettori sono stati nuovamente puntati sull’elevata esposizione al rischio di calamità naturali che caratterizza larga parte del territorio italiano e sui provvedimenti da adottare, in termini di prevenzione e reintegro dei danni, per colmare l’attuale vuoto amministrativo.

L’Italia è uno dei pochi Stati in Europa ad essere privo di una regolamentazione legislativa in merito alla copertura economica dei danni conseguenti a catastrofi naturali, nonostante il 65% del territorio ne sia fortemente a rischio.

Lo Stato ricorre di volta in volta a decreti di urgenza e si accolla, in via quasi esclusiva, l’onere di reintegrare i danni subiti dalla popolazione, con modalità differenti caso per caso. Così facendo produce di fatto una disparità nel trattamento dei cittadini da un evento catastrofale all’altro e genera costi per la macchina pubblica molto superiori all’entità dei danni da risarcire. Le stime parlano di circa 3 miliardi di euro ogni anno, recuperati in gran parte tramite imposte indirette (accise locali o nazionali).

Questo sistema non è più sostenibile, anche in considerazione delle previsioni in aumento di frequenza e intensità degli eventi catastrofali negli anni futuri, e inibisce in maniera significativa la diffusione di misure alternative quali le coperture assicurative private. Su 33 milioni di abitazioni, infatti, meno del 40% risulta coperto da polizze incendio e solo l’1% è assicurato contro i danni derivanti da calamità naturali.

Una così bassa penetrazione del rischio genera poca massa critica, determinando un considerevole aumento dei premi fino ad arrivare, nelle aree più esposte, alla scarsità o addirittura all’inesistenza di un’offerta assicurativa relativamente a determinati rischi.

Per di più, chi sceglie di assicurare la propria abitazione non gode di alcuna agevolazione né possibilità di detrazione ma, al contrario, il premio pagato é gravato da una tassazione pari al 22,5%.

In Europa e nel Mondo sono numerosi i paesi che hanno adottato modelli misti pubblico-privato per la gestione del rischio catastrofale, in alcuni casi con risultati estremamente positivi. In Belgio, Francia, Spagna e Nuova Zelanda, ad esempio, è prevista l’obbligatorietà della copertura delle calamità naturali per chi si assicura contro l’incendio (sistema cosiddetto semiobbligatorio), la gestione dei fondi in partnership tra pubblico e privato (solo privato nel caso della Spagna) e l’intervento dello Stato unicamente in eccedenza ai limiti di indennizzo, oppure come riassicuratore di ultima istanza. In particolare in Nuova Zelanda, grazie alla penetrazione della copertura su oltre il 90% dei fabbricati, la copertura per gli eventi catastrofali comporta un esborso pari a soli 15 centesimi ogni 100 dollari di premio.

Il meccanismo di ristoro dei danni tramite le compagnie di assicurazione, inoltre, rappresenta  un importante strumento di controllo della trasparenza, nonché di prevenzione dei rischi ed equità di trattamento nella distribuzione degli indennizzi.

Nonostante l’urgenza della materia e i numerosi tentativi di regolamentazione che si sono succeduti a partire dagli anni Novanta (atto Senato n. 1164/1993, atto Camera n.235/1996, atti Camera nn.4966 e 5018/1998, atto Camera n.533/2001, disegno di legge finanziaria 2004, art.1 comma 202 della legge finanziaria 2005 il cui regolamento non fu mai emanato, atto Camera 279/2013, atto Senato 881/2013, atto Camera 1774/2013) non si è ancora riusciti a trovare un punto di accordo tra forze politiche ed operatori del settore.

Dopo una prima apertura del Governo per lo studio di una polizza obbligatoria contro le calamità naturali, avvenuta a seguito degli eventi alluvionali del novembre del 2014, la posizione attuale, nonostante gli appelli unanimi degli operatori del mondo assicurativo, sembra chiudere nettamente ad ogni possibilità di dialogo, dando priorità ad un piano decennale per il miglioramento sismico del patrimonio immobiliare.

L’attuazione delle opere di prevenzione potrà di certo incidere positivamente in termini di riduzione della magnitudo dei danni, ma non porterà né all’eliminazione del rischio né alla diminuzione della frequenza di accadimento degli eventi catastrofali, al verificarsi dei quali continuerà ad essere necessario lo stanziamento di ingenti risorse economiche per il ristoro dei danni, senza preventiva pianificazione e verosimilmente con carattere di urgenza.

L’immobilismo rappresenta quindi l’ennesima occasione mancata per affrontare una tematica tanto delicata quanto impopolare, la cui rilevanza economica è tale da esigere urgentemente una scelta di campo e un piano di azione, senza dovere per forza attendere, come nel passato, la prossima alluvione o il prossimo terremoto.