CRONACA ED OPINIONE DI UN EVENTO ATTESO PARTECIPATO DALLA PLATEA
di Sara Bonetti
Ci eravamo lasciati nel maggio dello scorso anno in “Cinquecento”, al termine di una due giorni caratterizzata (almeno sulla carta) da una rinnovata unità di intenti e dalla volontà di emergere dalla massa indistinta delle “professioni non organizzate”, per distinguerci come categoria e cavalcare attivamente l’onda del cambiamento in atto. Ci ritroviamo ad un anno di distanza per fare il punto della situazione, per parlare di certificazione del Perito, ma soprattutto per interrogarci sullo stato di salute della nostra professione.
L’evento che si è tenuto lo scorso 8 giugno presso il Centro Congressi di Assolombarda, Auditorium Gio Ponti, a Milano è stato infatti l’occasione per un primo confronto trasversale dopo l’approvazione della norma UNI 11628, presenti i principali stakeholder del mercato (certificatori, esaminatori e periti da un lato, rappresentanti delle Compagnie di Assicurazione, broker e consumatori dall’altro).
Le statistiche presentate da Jean-Francois Milone (Cersa Srl) consentono una prima valutazione della risposta della categoria peritale. Ad un anno dall’approvazione della UNI 11628, 193 periti hanno portato a termine il percorso di certificazione, tra cui 184 con la sola Cersa. Altri 400 hanno manifestato il proprio interesse o hanno già inoltrato la domanda di esame, per cui è ragionevole attendersi un consistente incremento del numero dei periti cerificati entro pochi anni.
Un sostanziale successo, se si prendono a riferimento i “500” presenti lo scorso anno a Cervia, o i 597 iscritti alle associazioni peritali confederate in Periti Uniti. Viceversa, un cammino ancora lungo e tortuoso, se si considera il cumulo degli operatori della perizia attivi sul territorio italiano, stimati, secondo lo studio presentato da Aldo Rebuffi, intorno alle 3.000/3.500 unità. Numeri che impongono una riflessione approfondita sul valore che i diversi soggetti (Compagnie, assicurati ecc.) vorranno attribuire all’iter certificativo e sulle trasformazioni che questo potrà indurre nel mercato assicurativo.
Se da una parte infatti la certificazione può essere considerata, dice Alberto Bianchi, quale strumento oggettivo per distinguersi da tutti quei soggetti che, pur operando sul mercato, non possiedono i requisiti identificati nella norma (titolo di studio, anni di attività professionale, ecc.), dall’altro le Compagnie mettono in guardia da chi vorrebbe sbandierare l’attestato quale semplice strumento di marketing.
L’iter certificativo non seleziona i periti migliori, bensì le figure professionali che risultano conformi alla norma codificata; inoltre il percorso di certificazione non si conclude con l’esame, ma promuove un processo virtuoso di formazione continua nel tempo e di auditing interno. Un percorso che, ad una prima impressione, potrebbe sembrare impegnativo ed autoreferenziale, ma che, come emerso dalla discussione della mattinata, può rivelarsi aderente alle contingenti esigenze del mercato.
Alcuni esempi. Il processo, che sta portando negli ultimi anni alla concentrazione del mercato delle Compagnie, così come illustrato da Giovanna Gigliotti (Chief claims officer, UnipolSai) e Giuliano Basile (Responsabile attività di supporto sinistri, Allianz), non può che riflettersi in un’analoga tendenza all’aggregazione anche nella categoria peritale. Il rischio per le grosse strutture, ammonisce Daniele Poma (Responsabile sinistri complessi incendio e furto, Reale Mutua) è di non riuscire a mantenere a tutti i livelli gli standard qualitativi richiesti. La certificazione potrebbe in questo caso rappresentare uno strumento di verifica e controllo di qualità, fissando a tutti i livelli uno standard oggettivo e riconoscibile.
E ancora, in un momento storico caratterizzato dal comune orientamento, da parte delle Compagnie, verso la rigenerazione del rapporto con il cliente e la customer satisfaction, Mauro Tamagnone individua proprio nella tutela del consumatore lo scopo, la ratio della UNI 11628 (nonché della stessa Legge 04 del 2013). I consumatori/clienti, che le Compagnie vogliono considerare sempre meno quali semplici controparti, trovano affermati, nella norma UNI, proprio i requisiti di indipendenza e imparzialità del perito liquidatore nell’esecuzione del mandato, peraltro in linea con le necessità espresse dalle associazioni dei consumatori.
Proprio sui requisiti di equità, imparzialità e competenza, si sono soffermati Luca Franzi (Presidente AIBA) e Francesco Burrelli (Presidente ANACI) durante la tavola rotonda posta a conclusione della giornata formativa. La realtà degli eventi sinistrosi, dice Luca Franzi, è costituita da una moltitudine di circostanze nelle quali il perito, che rappresenta la prima interfaccia tra la Compagnia e il cliente, cerca di individuare le circostanze che permettano una minore esposizione economica della mandante, anziché adoperarsi per condividere le strade più rapide e strategiche per la risoluzione del problema. Questo rischia di alimentare l’endemica sfiducia degli utenti finali nei confronti del mondo assicurativo e di indebolrne il ruolo sociale.
Che giudizio dare quindi al processo di certificazione del perito? Quali vantaggi ne potrà trarre la categoria?
L’indicazione prevalente, raccolta nella mattinata, suggerisce di cogliere nella certificazione l’opportunità di definire, mettere ordine e qualificare la categoria peritale. Uno strumento quindi di autoregolamentazione interna, che permetta di circoscrivere i confini della professione e tracciare con chiarezza la futura direzione da percorrere. Uno stimolo, aggungono broker e consumatori, per riportare il perito in una posizione di equilibrio tra mandante e cliente/assicurato, garantendo così una maggior tutela di tutti i soggetti coinvolti nell’iter assicurativo. Infine, sottolinea Francesco Cincotti (Presidente Periti Uniti) durante la conclusione dei lavori, la certificazione costituisce il miglior collante per tenere unite le spinte centrifughe che si manifestano all’interno della Confederazione.
I periti che finora hanno portato a termine l’iter certificativo sono caratterizzati prevalentemente da titolari di studio, professionisti che lavorano nelle strutture di dimensione più rilevante, profili senior e periti per lo più già iscritti alle associazioni confederate in Periti Uniti. E’ necessario quindi uno sforzo per intercettare coloro che sono già in possesso dei requisiti necessari, ma si trovano lontani dalle tavole del confronto. Occorre proseguire nel percorso di costruzione e definizione dell’immagine professionale del perito, per poter indirizzare in maniera chiara e univoca coloro che, pur non essendo ancora in possesso dei requisiti necessari, sono intenzionati a crescere in questa direzione.
Occorre infine, come già sostenuto nella mattinata da Massimo Ranieri, cogliere l’opportunità che viene data dalla certificazione per compiere il passo successivo e promuovere la nascita di una nuova unica categoria, che costituisca la casa di tutti i periti no motor, e che riconosca nella “professione” il denominatore comune per tutti gli aderenti.
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