di Francesco Rolle
A valle del mio ultimo breve articolo pubblicato lo scorso mese si era sviluppato un interessante confronto con l’Ing. Campagna in esito al quale mi ero spinto ad affermare che, a mio avviso, uno dei limiti della Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, così come costruita dal nostro legislatore, è rappresentato dal limitato potere di controllo sulla ammissibilità del ricorso che viene di fatto riconosciuto, ed esercitato, dal giudice nella fase di avvio della procedura.
Il pensiero che precede, ovviamente, è frutto della mia personale e, quindi, limitata esperienza pratica maturata nel corso degli ultimi anni.
Nel solco di questo discorso, questo mese Vi sottopongo una interessante ordinanza del Tribunale di Macerata il quale, fornendo una corretta interpretazione della funzione prettamente conciliativa e deflattiva dell’istituto in esame, in un caso concreto in cui le numerose parti resistenti avevano sollevato diverse questioni di diritto, ovvero preliminari di rito o di merito, ha statuito per la inammissibilità del richiesto ricorso ritenendo di fatto irrealizzabile la funzione primaria (appunto conciliativa) della richiesta consulenza.
Andando con ordine, nelle premesse del proprio ragionamento il Tribunale di Macerata precisa che:
– l’art. 696 bis c.p.c. stabilisce che “l’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. … Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. … Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito”;
– l’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 bis c.p.c. è infatti strumentale e finalizzato alla proposizione di un’azione di cognizione volta all’accertamento di un diritto di credito di natura risarcitoria ed alla condanna dell’autore dell’illecito, contrattuale o extracontrattuale, al relativo pagamento;
– sussiste pertanto un collegamento funzionale con il giudizio di merito preannunciato con la presentazione del ricorso ex art. 696 c.p.c., con la conseguenza che deve fin da tale momento sussistere il fumus di fondatezza dell’an della pretesa che la parte ricorrente preannuncia di far valere in sede di cognizione ordinaria;
– infatti, stante la funzione anche preventiva dello strumento di cui all’art. 696 bis c.p.c., il giudice non può disporre la consulenza ove ragioni di diritto o carenze probatorie inducano a ritenere verosimile che, in sede di merito, l’accertamento si rivelerà inutile, in quanto funzionale ad una domanda probabilmente infondata.
Fatta questa premessa il Tribunale di Macerata, rilevato che nel caso concreto le numerose parti resistenti hanno sollevato diverse eccezioni di rito e di merito (carenza di legittimazione passiva ed assenza di alcuna responsabilità; contestazione della strumentazione e delle metodologie utilizzate nelle indagini tecniche espletate dal tecnico della ricorrente; contestazione di un assorbente concorso di colpa della stessa ricorrente), conclude – a mio avviso del tutto correttamente – affermando che l’accertamento richiesto in questa sede deve ritenersi inammissibile in quanto volto a fini meramente esplorativi, come altresì dimostrato dalla circostanza che la parte ricorrente ha convenuto nel presente procedimento tutti i possibili soggetti a suo dire eventuali inadempienti, cioè coloro che avevano rispettivamente fornito e/o distribuito e/o trasportato gas alla ricorrente, non essendo in grado di attribuire la responsabilità specificamente ad uno o ad alcuni di essi.
Il Tribunale precisa, inoltre, che ove pure non si aderisca alla tesi secondo cui la finalità deflattiva dell’istituto processuale in questione richieda la non contestazione della parte convenuta tuttavia nella presente fattispecie appare non soltanto irrealizzabile ma addirittura non ipotizzabile la conciliazione della controversia sorta tra la società ricorrente e le resistenti.
Degno di nota è infine il passaggio della motivazione fatta propria dal Tribunale nella parte in cui, in considerazione della complessità delle questioni esaminate e della teorica possibilità, ex ante, di adesione delle convenute all’istanza di accertamento preventivo, compensa tra le parti la metà delle spese processuali.
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