di Francesco Rolle

Nel corso degli ultimi anni, nonostante l’art.696 bis cpc sia a mio avviso chiaro nello stabilire la funzione prettamente conciliativa dell’istituto e, quindi, la sua ammissibilità in via alternativa al giudizio ordinario nelle ipotesi in cui non vi sia una contestazione dell’an debeatur, i Tribunali Italiani hanno fornito un’interpretazione della norma estensiva che, di fatto, ha portato ad un progressivo ampliamento dell’ambito di operatività dell’istituto in esame.

La interpretazione estensiva si fonda sul seguente ragionamento: “poiché l’istituto della consulenza tecnica preventiva di recente introdotto dal legislatore all’articolo 696 bis c.p.c., è chiaramente finalizzato alla composizione della lite prima dell’inizio del giudizio di merito, sarebbe estremamente riduttiva un’interpretazione della portata di detto istituto che ne limitasse l’ammissibilità ai soli casi in cui tra le parti non vi siano contestazioni in merito all’an della pretesa e si controverta esclusivamente in merito al quantum dell’importo dovuto a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale. È infatti lo stesso articolo 696 bis c.p.c., a prevedere testualmente che la verifica demandata al consulente possa essere estesa, oltre che alla determinazione dei crediti, anche all’accertamento della loro esistenza e ciò, ovviamente, nei casi in cui detto accertamento presupponga indagini non limitate a mere valutazioni giuridiche, ma richieda anche valutazioni di natura tecnica per le quali il giudice necessita dell’ausilio di un esperto” (Trib. Mantova, 26 marzo 2010 – disponibile nella banca dati elettronica: Pluris Online UTET/CEDAM).

Proprio di recente, nel solco di questo processo interpretativo, il Tribunale di Monza ha precisato che “è pienamente ammissibile la procedura di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c. anche nell’ambito dei rapporti bancari per controversie aventi ad oggetto la contestazione di addebiti illegittimi (interessi usurari e anatocistici, commissioni di massimo scoperto, valute fittizie, etc.). L’azione del ricorrente, infatti, è preordinata a verificare l’illegittimità di tali addebiti negli estratti conto e, pertanto, il diritto di credito può annoverarsi nella categoria dei “crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito” previsti dalla norma codicistica” (Tribunale di Monza, 17 marzo 2015 – disponibile nella banca dati elettronica: Pluris Online UTET/CEDAM).

In questa sede non ho certo intenzione di affrontare le ragioni che mi inducono a non condividere questo approccio interpretativo estensivo, ma intendo solo cogliere l’occasione per segnalare una recente ordinanza del Tribunale di Parma la quale, potrei dire, fornisce una terza chiave di lettura della norma in esame.

Nelle premesse del proprio ragionamento il Tribunale di Parma chiarisce che:

–          in via di principio, presupposto per l’applicabilità dell’istituto non cautelare previsto dall’art. 696 bis c.p.c. è quello che la controversia fra le parti abbia come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione, può costituire oggetto di consulenza tecnica, acquisita la quale, secondo le preventivamente dichiarate intenzioni delle parti, appare assai probabile che esse si concilieranno, non residuando – con valutazione da compiersi in concreto ex ante – altre questioni controversie;

–          il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. non è, pertanto, ammissibile laddove le parti, controvertendo in primis sulla effettiva sussistenza dell’obbligazione o sulla individuazione del soggetto ad essa eventualmente tenuto, condizionano la decisione della causa di merito alla soluzione di questioni giuridiche complesse o all’accertamento di fatti che esulino dall’ambito di indagini di natura tecnica;

–          in sostanza la consulenza de qua può essere disposta anche a fronte di contestazioni circa l’an della pretesa a condizione che la stessa sia comunque volta ad acquisire elementi tecnici di fatto in sé risolutivi ai fini non solo della quantificazione ma, altresì, dell’accertamento del credito derivante dalla inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali assunte;

–          pertanto il criterio risolutivo per l’ammissibilità ricorso ex art. 696 bis c.p.c. è che la materia del contendere sia tale che l’esito della stessa sia, in astratto, idonea a comporre la lite in quanto è pacifico il fatto storico e non vi sono questioni, all’infuori di quella concernente il profilo “tecnico” della responsabilità, quali rapportabilità causale dell’effetto al fatto illecito, presenza di concause e distribuzione del coefficiente causale, incidenza di eventuali fattori interruttivi del rapporto eziologico, datazione storica di eventi per farli confluire sotto la volta di una determinata condotta professionale etc.

 

Così tracciati i presupposti di ammissibilità dell’istituto, il Tribunale di Parma rileva che questi, nel caso concreto portato alla sua attenzione, non sono ravvisabili atteso che:

–          il resistente principale non solo contesta di aver rivestito il ruolo di professionista incaricato di fornire il lavoro “chiavi in mano” attribuitogli dalla ricorrente senza per altro fornire alcuna concreta prova in merito a tale funzione di general contractor ma, altresì, indica una serie di circostanze di fatto, rilevanti ai fini della valutazione del suo incarico di progettista, che esulano da qualunque possibile indagine tecnica affidabile al consulente d’ufficio;

–          l’incertezza del ruolo ricoperto del resistente principale si riverbera direttamente e, quindi, condiziona la valutazione tecnica degli inadempimenti contrattuali rispettivamente attribuiti dal ricorrente agli altri resistenti coinvolti nel procedimento, quanto meno sotto il profilo della distribuzione del coefficiente causale.

Concludendo, il Tribunale di Parma fornisce quindi una terza chiave di lettura della norma in ragione della quale il ricorso alla Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite è ammissibile anche nelle ipotesi in cui viene contestato l’an debeatur a condizione però che la nomina di un perito sia diretta ad acquisire elementi tecnici di fatto in sé risolutivi ai fini non solo della quantificazione ma, altresì, dell’accertamento del credito derivante dalla inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali assunte