di Nicola Gatta
Una interessante (ed autorevole) sentenza del Tribunale di Taranto offre l’occasione per fare il punto su una tipologia di sinistri piuttosto ricorrente per quegli studi peritali che si occupano di responsabilità civile generale e che a volte, soprattutto quando si tratta di cavi in fibra ottica come nel caso di specie, possono comportare danni di rilevante entità.
Per non abusare del tempo dei lettori cercherò di riassumere la complessa vicenda in alcuni sintetici passaggi:
IL FATTO
Il 19.4.2001 la ditta assicurata D.S.I. SRL, nell’effettuare operazioni di scavo per la posa di cavi elettrici per conto di Enel Spa, provoca la rottura di un cavo telefonico in fibra ottica interrato di proprietà della Telecom Italia, posato in trincea lungo una strada periferica, provocando l’interruzione di tre linee telefoniche principali.
L’evento viene immediatamente segnalato ai tecnici della Telecom che intervengono per la riparazione (durata diverse ore) alla quale segue la redazione di un verbale di constatazione del danno, sottoscritto dal capocantiere della ditta assicurata, ai fini di documentare circostanze del sinistro e conseguenti responsabilità.
Nei giorni seguenti la Telecom emette relativa fattura (per diverse decine di migliaia di euro) chiedendo il pagamento alla ditta assicurata, la quale nel frattempo ha denunciato l’evento alla propria compagnia assicuratrice in forza di polizza di responsabilità civile imprese industriali ed edili.
In realtà la denuncia di sinistro alla compagnia assicuratrice viene inoltrata solo 20 giorni dopo il sinistro, ponendo lo studio peritale nella materiale impossibilità di visionare lo scavo, i danni e la relativa riparazione.
Dopo il sopralluogo viene richiesta la documentazione necessaria per istruire il sinistro, ma la ditta assicurata provvede solo parzialmente per cui la compagnia assicuratrice, in mancanza di validi e sufficienti elementi per procedere alla liquidazione, sospende ogni ulteriore attività.
La danneggiata Telecom nel frattempo, dopo alcuni solleciti, decide di agire in giudizio citando la ditta assicurata dinanzi al Tribunale di Taranto la quale si costituisce ritualmente non contestando il fatto storico, deducendo tuttavia di aver lavorato con la massima attenzione e professionalità e di aver effettuato comunque opportuni e preliminari accertamenti presso gli uffici preposti (ma di questo non fornisce alcuna prova), per cui il sinistro sarebbe da considerarsi involontario, casuale ed accidentale.
Contestualmente chiama in garanzia la propria compagnia assicuratrice che si costituisce tempestivamente in giudizio contestando sia la domanda principale che quella in manleva.
IL GIUDIZIO
Perfezionatosi il contraddittorio, il giudizio entra nel vivo con la articolazione delle richieste istruttorie da parte dei rispettivi difensori.
Oltre alle consuete prove orali (interrogatorio formale del legale rappresentante della ditta assicurata e prova testimoniale con gli operai che avevano partecipato agli scavi ed alle relative riparazioni), viene richiesta una c.t.u. tecnico-estimativa.
L’interrogatorio formale e le prove testimoniali impegnano numerose udienze e sostanzialmente confermano la dinamica dei fatti. Il legale rappresentante della ditta assicurata, a sua parziale discolpa, sostiene di aver contattato il servizio di assistenza scavi di Telecom senza tuttavia ricevere alcuna risposta, ma la circostanza non viene documentalmente comprovata.
Tutti gli operai ascoltati come testimoni confermano il fatto storico, quelli della ditta assicurata sostengono di aver agito con diligenza e professionalità.
Solo l’operatore che stava materialmente effettuando lo scavo riferisce, a seguito di espressa domanda, che il cavo Telecom non era adeguatamente segnalato e comunque si trovava a circa 50 cm di profondità dal piano stradale.
Viene quindi disposta la c.t.u. tecnica, finalizzata alla verifica della congruità dei considerevoli danni richiesti dalla Telecom.
La difesa della compagnia assicuratrice, superando le ferme opposizioni di controparte, riesce a fare ammettere, tra le domande da porre al c.t.u., anche ulteriori specifici quesiti relativi alla corretta ubicazione e segnalazione dei cavi Telecom, alla verifica delle regolari comunicazioni inoltrate all’ufficio tecnico del Comune competente nonché alla corrispondenza con gli eventuali elaborati tecnici e relativi piani quotati ivi depositati.
Il c.t.u., dopo aver esaminato tutta la documentazione in atti, fissa le operazioni di consulenza dotandosi di un localizzatore elettronico di cavi al fine di rintracciare percorso e profondità di interramento degli stessi.
Prima del sopralluogo chiede che i tecnici della Telecom provvedano ad inviare, nella fibra ottica oggetto di indagini, un segnale a 8 kHz, in modo da poter consentire che il localizzatore individui solo quella, senza possibilità di incorrere in equivoci che potrebbero derivare dalla sovrapposizione di altri cavi, primo fra tutti quello dell’Enel installato dalla ditta assicurata.
Procede inoltre, e sempre in contraddittorio, alla apertura dei vari pozzetti ed alla misurazione manuale della profondità a del cavo a fibre ottiche, documentando il tutto con adeguate riproduzioni fotografiche.
IL DEPOSITO DELLA CTU TECNICA
L’elaborato tecnico depositato dal c.t.u. risponde in maniera esaustiva a tutti i quesiti ammessi dal giudice.
Il c.t.u. ha rilevato, a seguito delle opportune misurazioni, che il cavo della Telecom si trovava ad una profondità media variabile da un minimo di 62 a un massimo di 116 cm rispetto al piano viario.
Per completezza riporta alcune tra le più importanti norme di legge che regolano la materia, richiamando in primo luogo l’art. 66 comma 3 del Codice della strada secondo cui “ la profondità, rispetto al piano stradale, dell’estradosso dei manufatti protettivi degli attraversamenti in sotterraneo, deve essere previamente approvata dall’ente proprietario della strada in relazione alla condizione morfologica dei terreni e delle condizioni di traffico…. E comunque non può essere inferiore al metro”.
Tale profondità può essere ridotta previo accordo con l’ente proprietario della strada, ove lo stato dei luoghi o particolari circostanze lo consigliano (cfr. direttiva della presidenza del Consiglio dei Ministri del 3.3.1999 rivolta alle pubbliche amministrazioni).
Solo per inciso il c.t.u. ricorda che il disegno di legge numero 1082 in lettura al Senato prevede la modifica della legge 6 agosto 2008 numero 133 con l’aggiunta all’articolo due del comma 15bis in base al quale “ per gli interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l’ente proprietario della strada”.
(Per altri riferimenti normativi che regolano la complessa materia si vedano: Direttiva della presidenza del Consiglio dei Ministri del 3 marzo 1999 sulla razionale sistemazione nel sottosuolo degli impianti tecnologici; Direttiva 2001/42/CE così come recepita nel D.L.vo n. 152/2006 – Codice dell’ambiente e, specificamente per quanto riguarda fibre ottiche e banda larga Decreto Ministero Sviluppo economico 1.10.2013 intitolato “Specifiche tecniche delle operazioni di scavo e ripristino per la posa di infrastrutture digitali nelle infrastrutture stradali.” Pubblicato in G.U. il 17.10.2013).
In risposta al secondo quesito il c.t.u. riferisce di aver formalmente richiesto, sia alle parti che all’ufficio tecnico del Comune competente, la documentazione tecnica relativa alla autorizzazione alla posa in opera dei cavi telefonici ed alla loro ubicazione, senza tuttavia ottenere alcuna risposta.
Evidenzia inoltre la mancanza, negli atti di causa, di documentazione e/o fotografie che attestino che, all’epoca del sinistro, fosse presente il nastro di segnalazione del cavo fibra ottica da porre a 30 cm dal piano viabile, come previsto dalle normative tecniche di cantiere.
Conferma la quantificazione dei danni elaborata da Telecom.
Lo studio peritale, nominato quale consulente tecnico di parte della compagnia assicuratrice, condivide le risultanze del c.t.u. fatta eccezione per la quantificazione dei danni che appare comunque esorbitante.
LA SENTENZA
Con sentenza comunicata a mezzo pec il 19 novembre 2014 il presidente della terza sezione civile del tribunale di Taranto, rilevata la infondatezza della domanda attorea, la rigetta.
Motiva tale decisione esponendo che, sebbene il fatto storico sia pacifico e non contestato, non appare invece adeguatamente provata la responsabilità della società convenuta.
In primo luogo perché in atto di citazione non viene specificato se tale pretesa responsabilità possa rientrare in un’ipotesi di responsabilità oggettiva ex art. 2050 cod. civ. (responsabilità per esercizio di attività pericolose) ovvero nella ordinaria responsabilità per fatto illecito colposo, regolata dall’articolo 2043 del codice civile.
Come è noto la differenza tra le due fattispecie comporta significative differenze soprattutto per quanto riguarda l’onere probatorio, in quanto nella responsabilità per l’esercizio di attività pericolose è il danneggiante che deve provare la sua incolpevolezza dimostrando di “aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno” (art. 205 cod. civ.) mentre nella responsabilità per fatto illecito colposo ex art. 2043 è il danneggiato che deve dimostrare la responsabilità del danneggiante.
In proposito il magistrato richiama una pronuncia della cassazione “ la quale esclude che una modesta e limitata attività di scavo possa costituire attività pericolosa ex art. 2050 codice civile e quindi dare luogo ad un’ipotesi di responsabilità oggettiva, superabile soltanto con la prova di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitare di causare il danno” (Cass. Civ. N. 8688/2009).
Fatta questa premessa il giudice ritiene che nel caso di specie, in mancanza di una espressa qualificazione giuridica effettuata da parte attrice, l’evento possa serenamente rientrare nell’ambito dell’articolo 2043 cod. civ. con espresso onere probatorio a carico di parte attrice, onere che non può ritenersi assolto solo con la produzione di un verbale di constatazione di danno.
Peraltro gli esiti della c.t.u. tecnica e delle prove testimoniali “sembrano deporre per l’assenza di concreta responsabilità da parte della ditta convenuta in quanto: 1) la conduttura della Telecom Spa era posta ad una profondità media di 74 cm, a fronte di una profondità regolamentare minima di 1 mt, come prescrive l’articolo 66 del codice della strada; 2) presso il Comune non è stata rinvenuta alcuna documentazione comprovante la denuncia della posa in opera della conduttura in fibra ottica e quindi difficilmente poteva essere conosciuta e/o rilevata da parte della ditta convenuta ovvero della committente Enel; 3) mancava il prescritto nastro giallo di segnalazione della conduttura interrata che deve essere posto ad una profondità di 30 cm proprio per segnalarne la presenza ad eventuali scavatori….Tanto premesso, la domanda attrice non appare pienamente provata e va pertanto rigettata con l’assolvimento da ogni onere risarcitorio anche da parte della compagnia assicuratrice chiamata in causa”.
CONCLUSIONI
La vicenda esaminata ci porta ad esprimere alcune brevi riflessioni:
1) l’importanza e la necessità di una tempestiva denuncia di sinistro è un obbligo che deve essere sempre rispettato, in determinati casi anche prima dei consueti tre giorni solitamente previsti in contratto, al fine di consentire al perito la tempestiva verifica dei danni e delle modalità di accadimento.
2) L’importanza di una esatta e completa formulazione dei quesiti da rivolgere al CTU e la necessità che questi sia professionalmente preparato ed aggiornato sulle materie tecniche che andrà a trattare (in una causa parallela e del tutto similare si è dovuti giungere necessariamente ad una transazione in quanto il CTU pretendeva di effettuare degli scavi per mettere a nudo il cavo, con costi chiaramente sproporzionati rispetto al valore del giudizio);
3) Le significative sinergie che si possono ottenere da una stretta collaborazione tra lo studio legale e quello peritale (nel caso di specie lo stesso studio ha gestito sia la fase peritale che quella legale, oltre ad essere nominato CTP in fase di CTU).
4) Le cause durano troppo: dalla notifica della citazione alla sentenza sono passati 10 anni nel corso dei quali si sono svolte circa 19 udienze, un tempo eccessivamente lungo che comporta costi indotti rilevantissimi, poco compatibili con le ben note esigenze di bilancio e di riservazione delle compagnie assicuratrici.
(Riferimenti: Trib. Taranto, III Sez. Civile Sent. N. 3451 del 19.11.2014 Dott. P. Genoviva)
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