di Francesco Rolle

 

Questo mese segnalo una interessante pronuncia del Tribunale di Messina (Tribunale di Messina, 29 giugno 2015, disponibile nella banca dati elettronica: Pluris Online UTET/CEDAM) che, illustrati i principi che governano la civile responsabilità dell’appaltatore per la eventualità di furto commesso sfruttando i ponteggi dallo stesso installati per la esecuzione dei lavori, fornisce una corretta applicazione dei principi che regolano la allocazione dell’onere della prova dei danni effettivamente subiti dal danneggiato.

Per apprezzare il ragionamento fatto proprio dal Tribunale si rende necessaria una breve ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati nelle premesse della pronuncia in esame.

Con atto di citazione ritualmente notificato, la sig.ra G. evocava in giudizio M.G., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti a seguito di un furto e di una successiva effrazione, avvenuti in data 26 dicembre 2002 e 2 giugno 2003 e resi possibili o, comunque, agevolati dalla collocazione di ponteggi sulle facciate dell’immobile.

I ponteggi erano stati, invero, istallati dall’impresa del convenuto, nel corso dell’esecuzione di lavori condominiali e privi di dispositivi di protezione e/o allarme.

Instauratosi il contraddittorio, il convenuto eccepiva la propria mancanza di colpa.

Così sinteticamente ricostruiti i fatti di causa, il Tribunale ritiene la domanda meritevole di accoglimento. La motivazione, come detto, si articola in due parti nelle quali il Giudice analizza puntualmente i principi che regolano l’an debeatur per poi passare al quantum debeatur.

Sotto il primo profilo, il Tribunale di Messina ricorda che nell’ipotesi di furto commesso in appartamento, che risulti essere stato agevolato dalla presenza di impalcature erette in aderenza allo stabile, la giurisprudenza ha in un primo tempo escluso la responsabilità dell’appaltatore e del committente, non ritenendo configurabile una responsabilità ex art. 2051 c.c. (Danno cagionato da cose in custodia), per non essere il danno dipendente dal dinamismo connaturato alle cose in custodia o dallo sviluppo di un agente dannoso sorto dalle cose stesse, né una responsabilità aquiliana, ai sensi dell’art. 2043 c.c. (Risarcimento per fatto illecito), per la mancanza di una norma specifica che imponga all’appaltatore l’obbligo di adottare determinate cautele.

Del tutto correttamente, il Giudice rileva che, più recentemente, la giurisprudenza ha, nondimeno, riconosciuto la responsabilità di chi ha eretto le impalcature, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per avere costui comunque omesso di adottare quelle elementari misure preventive che le norme di prudenza, diligenza e perizia impongono al fine di impedire un uso anomalo dei ponteggi (Cassazione civile sez. III, 10 gennaio 2011, n. 292; Cass. civ. 24 giugno 1979 n. 539; Cass. civ. 3 maggio 1991 n. 5840; Cass. civ. 10 giugno 1998 n. 5775).

La più recente giurisprudenza ha osservato, infatti, che pur essendo vero che in tema di illecito extracontrattuale “una condotta di tipo omissivo può essere considerata causa di un evento solo quando l’omittente abbia violato l’obbligo giuridico di impedire l’evento stesso, obbligo derivante direttamente dalla legge o da specifici rapporti“, ciò non significa che un simile obbligo non possa derivare anche da principi desumibili dall’ordinamento positivo, con conseguente dovere di agire e di comportamento attivo, possibile fonte di responsabilità per omissione.

In particolare, la più recente giurisprudenza ha evidenziato che chi determina una situazione di pericolo è gravato anche dall’obbligo di fare ricorso a tutte le misure di sicurezza possibili, per non incorrere nella violazione del neminem laedere, sicché non è vero che non possa configurarsi alcun dovere di protezione idoneo a fondare una responsabilità di tipo omissivo cui possa parametrarsi la tutela risarcitoria, pur in mancanza di un obbligo espresso in norme specifiche.

Ciò premesso, e passando ai fatti oggetto di giudizio, il Tribunale di Messina conclude rilevando che:

–          nella specie, il perito assicurativo ha confermato in giudizio che i ponteggi non erano dotati di sistemi antiintrusione o di antifurti;

–          la colpa dell’impresa si ricava inoltre dalla circostanza, confermata dall’amministratore del condominio, che all’appaltatore fosse stato espressamente chiesto di dotarsi di polizza assicurativa per la responsabilità civile derivante da utilizzo improprio del ponteggio e che la polizza da questi stipulata escludesse proprio la responsabilità da furto;

–          anche il rapporto di causalità è stato adeguatamente dimostrato, dal momento che la teste M. e l’amministratore del condominio (quest’ultimo, per essergli stato riferito dagli altri condomini) hanno infatti dichiarato che i ladri sono entrati nell’appartamento dall’esterno, attraverso una porta-finestra.

Il Tribunale conclude, quindi, affermando che, in assenza di prove contrarie, i superiori elementi istruttori, ulteriormente corroborati dal contenuto della denuncia querela in atti, inducono a ritenere che i ladri siano entrati nell’appartamento servendosi dei ponteggi collocati all’interno del cortile condominiale: i ponteggi hanno quindi reso possibile (o quantomeno agevolato) l’attività criminosa.

Accertata quindi la civile responsabilità per colpa ex art.2043 c.c. dell’appaltatore, il Tribunale nella seconda parte della motivazione, facendo corretta applicazione dei principi che regolano la allocazione dell’onere della prova nei giudizi aventi ad oggetto la responsabilità extracontrattuale, affronta e risolve il tema del quantum debeatur come segue.

Il Tribunale ritiene doveroso premettere che, nella specie, non possono essere risarciti, per insufficienza della relativa prova, i danni di cui all’elenco allegato alla denuncia-querela del 31 dicembre 2002. In assenza di ulteriori elementi istruttori, infatti, la denuncia rappresenta un mero atto di parte, sia pure dotato di valenza indiziaria, in ragione delle conseguenze penali cui sarebbe esposto il querelante in caso di dichiarazioni mendaci. Tuttavia, in mancanza di riscontri, la presunzione fornita dal contenuto della denuncia non può valere a fornire adeguata prova della veridicità di quanto dichiarato, potendosi alternativamente ritenere che la parte abbia voluto precostituirsi la prova del danno.

Il Tribunale, del tutto correttamente, ritiene inoltre che il danno non possa essere risarcito equitativamente, dal momento che la liquidazione equitativa richiede pur sempre una base fattuale cui ancorare il relativo giudizio. In mancanza di una descrizione, anche sommaria, dei beni asportati, la valutazione si trasmoderebbe in arbitrio.

Il Tribunale, anche questa volta con una motivazione non contestabile, ritiene inoltre che neppure i danni relativi al furto dei beni descritti dalla teste M. possono essere oggetto di risarcimento, dal momento che i beni da questa descritti erano di proprietà della teste medesima e l’attrice è quindi priva di legittimazione in ordine alla relativa domanda.

Il Tribunale, al contrario, ritiene che siano risarcibili i danni causati dai danneggiamenti prodotti dai ladri nel corso del furto, essendo state prodotte in giudizio le fotografie rappresentative dello stato dei luoghi, riconosciute dai testi. Siffatti danni vanno risarciti in misura pari a quella delle ricevute in atti, che appaiono congrue rispetto ai (rilevanti) danni evincibili dalle suddette foto.

Il Tribunale conclude affermando che all’importo delle predette ricevute dovrà essere aggiunta la somma di Euro 3000,00, per il danneggiamento dei mobili, dello specchio e dell’arazzo che si notano nelle foto, considerato che:

–          lo specchio appare irrimediabilmente distrutto;

–          i mobili sono riparabili; e

l’arazzo, di valore (si tratterebbe di un pezzo artigianale “unico”) è stato riparato, pur se non in maniera perfetta.