di Francesco Rolle
Questo mese segnalo una pronuncia della Corte di Cassazione (Cass., 3 maggio 2016, n.8700) a mio avviso davvero interessante in quanto, con una motivazione chiara ed esaustiva, individua con precisione gli obblighi gravanti sul direttore lavori.
Per apprezzare il ragionamento fatto proprio dal Supremo Collegio si rende, come sempre, necessaria una breve ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati nelle premesse della pronuncia in esame.
Con atto di citazione recante data 1 febbraio 1995 il Condominio attore conveniva avanti il Tribunale di Mantova l’impresa costruttrice e venditrice al fine di ottenere dalla stessa il risarcimento dei danni provocati da infiltrazioni d’acqua ed umidità in varie parti degli edifici condominiali.
L’impresa convenuta, costituitasi nel giudizio, contestava la pretesa rilevando che i danni, ove sussistenti, erano al più da ascriversi alla esclusiva responsabilità del progettista e direttore dei lavori e, per tale ragione, chiedeva di essere autorizzata a chiamarlo in causa perchè fosse tenuto al risarcimento in sua vece.
Il progettista e direttore dei lavori, costituitosi in giudizio, negava a sua volta ogni responsabilità ed il Tribunale adito, dopo aver disposto una consulenza tecnica, con sentenza del 3 gennaio 2006 condannava in solido l’impresa ed il progettista e direttore dei lavori al risarcimento dei danni in favore del Condominio nella misura di Euro 80.110,26, ritenendoli solidalmente responsabili.
La decisione, impugnata dai soccombenti, veniva integralmente riformata dalla Corte d’Appello di Brescia, la quale, previa riunione delle impugnazioni, con sentenza depositata il 6 maggio 2010 rigettava tutte le domande osservando – per quanto di interesse – che l’assenza di responsabilità (di natura extracontrattuale) del progettista/direttore dei lavori nominato dall’impresa poteva ritenersi sufficientemente accertata in giudizio sulla scorta delle espletate consulenze e della presenza in loco dell’appaltatore tramite un responsabile di cantiere.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Condominio al fine di censurare la pronuncia di secondo grado nella parte in cui aveva escluso la civile responsabilità del direttore di lavori.
In particolare il Condominio, richiamati i principi di diritto che disciplinano la civile responsabilità del direttore dei lavori, rilevava che dagli accertamenti compiuti dal consulente tecnico nominato dall’ufficio erano emersi difetti (mancanza di manto impermeabilizzante sul solaio di copertura, cattiva esecuzione dei pozzetti esterni, intonaco non realizzato con stabilitura di calce aerea, unicità dello strato di tinteggiatura, porosità del calcestruzzo utilizzato per la trave di fondazione, rigonfiamenti dell’intonaco) che non avrebbero potuto sfuggire al direttore dei lavori e che, pertanto, ne avrebbero giustificato la affermazione di responsabilità per i danni conseguenti.
La Corte Cassazione, con la sentenza in esame, ritiene tale motivo fondato per quanto di ragione.
Nelle premesse della motivazione, gli Ermellini ricordano che secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione, configurando l’art. 1669 c.c. una sorta di responsabilità extracontrattuale analoga a quella aquiliana, nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l’appaltatore – costruttore del fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell’opera, abbiano comunque contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o direttore dei lavori), alla determinazione dell’evento dannoso, costituito dall’insorgenza dei vizi in questione (si veda, tra le varie, Cass. n. 17874 del 23 luglio 2013; Cass. nn.19868/09, 3406/06, 13158/02, 4900/93).
Ebbene nel caso oggetto di esame, (in cui è pacifica l’avvenuta estensione della originaria domanda del Condominio anche nei confronti dell’ingegnere nella duplice veste di progettista e direttore dei lavori), la Corte di Appello territoriale ha affermato che “a seguito delle espletate CTU…..nessuno dei difetti effettivamente riscontrati sugli immobili era riconducibile a vizi di progettazione o comunque riferibili al progettista/direttore dei lavori….e quindi la prova dell’assenza di responsabilità del F. era da ritenersi sufficientemente accertata in giudizio, si da potersi ritenere superata la ritenuta presunzione di corresponsabilità“.
Ad avviso della Suprema Corte un simile passaggio argomentativo appare logicamente coerente e giuridicamente corretto ai fini dell’esclusione della responsabilità del tecnico in veste di progettista (perchè frutto di apprezzamento in fatto sulla scorta di accertamenti peritali). Non altrettanto può dirsi, però, con riferimento alla figura del direttore dei lavori.
I Supremi Giudici ricordano che la natura della responsabilità del direttore dei lavori nominato dal committente o dell’appaltatore – da valutare alla stregua della diligentia quam in concreto in relazione alla competenza professionale dallo stesso esigibile – per un fatto dannoso cagionato ad un terzo dall’esecuzione di essi, è di natura extracontrattuale e perciò può concorrere con quella di costoro se le rispettive azioni o omissioni, costituenti autonomi fatti illeciti, hanno contribuito causalmente a produrlo. In relazione poi al direttore dei lavori dell’appaltatore egli risponde del danno derivato al terzo se ha omesso di impartire le opportune direttive per evitarlo e di assicurarsi della loro osservanza, ovvero di manifestare il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi astenendosi dal continuare a dirigerli in mancanza di adozione delle cautele disposte (si veda Cass. 15789 del 22 ottobre 2003; Cass. n. 11359 del 29 agosto 2000).
I Supremi Giudici ricordano che, proprio in relazione alla figura del direttore dei lavori dell’appaltatore (ed è il caso che qui interessa), è stato altresì precisato dalla giurisprudenza che egli risponde del fatto dannoso verificatosi:
– sia se non si è accorto del pericolo, percepibile in base alle norme di perizia e capacità tecnica esigibili nel caso concreto, che sarebbe potuto derivare dall’esecuzione delle opere;
– sia se ha omesso di impartire le opportune direttive al riguardo nonchè di controllarne l’ottemperanza, al contempo manifestando il proprio dissenso alla prosecuzione dei lavori stessi ed astenendosi dal continuare la propria opera di direttore se non venissero adottate le cautele disposte (Cass. n. 15789/2003).
Facendo applicazione dei richiamati principi in diritto, prosegue la Suprema Corte, si rivela pertanto erronea in punto di diritto l’affermazione della Corte d’Appello territoriale laddove ritiene una minore incisività della attività di controllo del direttore dei lavori sull’andamento degli stessi per il sol fatto che vi erano ditte subappaltatrici e, soprattutto laddove sulla base dell’esistenza dell’appaltatore e di un responsabile di cantiere, ha di fatto spogliato il direttore di lavori di ogni responsabilità nella verifica della corretta esecuzione dell’opera (“era da ritenersi del tutto sostituito dallo stesso imprenditore che eseguiva o faceva eseguire, su sua esclusiva iniziativa, i lavori“).
Ad avviso della Corte il salto logico nella motivazione della Corte di Appello è evidente e si somma all’errore di diritto sopra evidenziato.
Esaminando poi il controricorso depositato dalla ditta costruttrice, la Suprema Corte chiarisce nuovamente che il principio dell’esclusione di responsabilità per danni in caso di soggetto ridotto a mero esecutore di ordini (cd. “nudus minister“) si attaglia, ricorrendone determinate condizioni, alla figura dell’appaltatore, ma non a quella del direttore dei lavori il quale – come si è visto – assume, per le sue peculiari capacità tecniche, precisi doveri di vigilanza correlati alla particolare diligenza richiestagli.
Per la Corte, ragionare diversamente significherebbe negare in radice la figura del direttore dei lavori.
La Suprema Corte ribadisce, infine che costituisce obbligazione del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica e, pertanto, egli non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonchè di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente.
Gli Ermellini concludono, quindi, affermando che la Corte d’Appello territoriale non si è attenuta a tale principio e, pertanto, la sentenza è meritevole di censura anche sotto tale profilo.
Commenti recenti