di Francesco Rolle
Questo mese segnalo una recente sentenza resa dal Tribunale di Ascoli Piceno (Sent., 31 gennaio 2017, disponibile nella banca dati elettronica: Pluris Online UTET/CEDAM) la quale, esaminando una eccezione di inoperatività di una garanzia assicurativa infortuni, applica correttamente i principi in diritto espressi dalla univoca giurisprudenza in tema di clausole vessatorie nei contratti di assicurazione.
Per apprezzare il ragionamento fatto proprio dal Tribunale di Ascoli Piceno si rende necessaria, come sempre, una breve ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati nelle premesse della pronuncia in esame.
Con atto ritualmente notificato gli attori, nella qualità di madre e fratello della signora C.C.R., sulla premessa che la di loro cara deceduta aveva sottoscritto con la società I.A. spa polizza assicurativa per invalidità permanente da malattia, citavano in giudizio la predetta compagnia onde vedersi riconosciuto il diritto al pagamento del premio di polizza pari ad Euro 100.000,00.
Con comparsa del 23 dicembre 2010 si costituiva in giudizio la compagnia a mezzo comparsa di costituzione e fascicolo contenente documenti e richiedendo il rigetto della domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto.
Alla prima udienza di comparizione parti del 20 gennaio 2011 venivano concessi i termini per il deposito delle memorie ex art. 183 co.VI c.p.c. ed all’esito con ordinanza del 7 luglio 2011 il Giudice rigettava le prove orali richieste dalle parti ed ammetteva la CTU medico legale al fine di stabilire l’invalidità della compianta C.R.C. sulla base della documentazione versata in atti.
Depositata la relazione peritale, veniva quindi fissata per la precisazione delle conclusioni la nuova udienza del 28 ottobre 2014 e dopo alcuni rinvii alla successiva udienza del 22 febbraio 2016 il Giudice tratteneva la causa in decisione con concessione dei termini differiti per il deposito delle memorie conclusionali.
Così ricostruiti per sommi capi i fatti processuali rilevanti, il giudice ritiene che la domanda attorea sia fondata e meritevole di accertamento in quanto la CTU medico-legale espletata nel corso dell’istruttoria ha consentito di accertare la sussistenza delle condizioni per l’operatività della garanzia assicurativa offerta dalla polizza sottoscritta dalla signora C. già verificatesi nel momento in cui la stessa era in vita e aveva richiesto di percepire l’indennità pattuita.
Ad avviso del giudice, invero, risulta provato che:
– la signora C. aveva sottoscritto polizza per invalidità permanente da malattia il 4 agosto 2006 con la compagnia convenuta;
– in data 20 giugno 2007 veniva effettuata denuncia di sinistro;
– la gravissima malattia che colpi la signora C. fu da subito di gravità tale da cagionarle immediatamente invalidità permanente al 100%;
– tale invalidità veniva attestata dalla visita ASUR Regione Toscana di Prato come risulta dalla certificazione medica prodotta;
– solo in data 12 gennaio 2008 – e quindi ben 9 mesi dopo la denuncia di sinistro – la dottoressa medico-legale incaricato dalla A.I. convocava a visita la beneficiaria della garanzia solo per il mese successivo;
– la CTU espletata ha consentito di accertare che la stessa fosse invalida al 100% e tanto è stata dal comparire della malattia fino al decesso;
– la CTU espletata ha confermato che, nel mese di giugno 2006 al momento della presentazione della denuncia, la beneficiaria della polizza aveva già conseguito il pieno diritto a richiedere ed ottenere l’indennizzo di polizza.
Ciò premesso, il giudice conclude affermando che, ove la signora C. fosse stata tempestivamente a visita, la stessa avrebbe ottenuto il diritto alla indennità di cui al contratto sottoscritto il cui diritto di percezione era maturato già dal momento della denuncia di sinistro essendo sussistenti tutte le condizioni per l’operatività della garanzia e cioè l’invalidità permanente derivante da malattia.
Così ricostruiti i presupposti in fatto il Tribunale passa ad esaminare la eccezione di inoperatività della garanzia assicurativa opposta dalla compagnia: la stessa, invero, invocava una previsione contrattuale che nella specie escludeva il diritto all’indennizzo nella ipotesi in cui fosse sopraggiunta la morte dell’assicurato prima della data di effettiva liquidazione dell’indennizzo.
Il Tribunale ritiene che l’eccezione di parte convenuta sulla operatività nella specie della clausola di cui all’art. 14 di polizza, appositamente invocata al fine di escludere ogni suo obbligo di pagamento, deve ritenersi fondata. In particolare il giudice, condividendo le argomentazioni svolte sul punto dalla difesa della attrice ritiene che tale previsione negoziale debba ritenersi vessatoria ex art. 1341 c.c. ed inoperante in quanto nella specie non specificatamente approvata.
In linea di principio, il giudice ricorda che nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per gli effetti dell’art. 1341 c.c., quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito. In forza di tale clausola vantaggiosa solo per la compagnia, infatti, sia pure si sia già verificato l’evento, e si siano, pertanto, realizzate tutte le condizioni volute dalla legge e dal contratto per la “liquidazione” e il concreto “pagamento” dell’indennizzo, l’Assicurazione ove si verifichino circostanze particolari, quali la morte dell’infortunato e l’omessa liquidazione dell’indennizzo, può ritenersi esonerata dal pagamento del premio.
Ma in tale contesto – prosegue il Tribunale – è pacifico che dette condizioni di non pagamento non solo non costituiscono in alcun modo l'”oggetto” del contratto di assicurazione, ma innanzitutto e soprattutto possono essere addebitabili anche al mero comportamento dilatorio dello stesso assicuratore, come in effetti si è verificato nel caso in esame in cui la compagnia, a fronte di una denuncia del mese di maggio e per una malattia gravissima, chiamava la assicurata a visita nel mese di febbraio successivo.
Il Tribunale dichiara quindi di condividere la tesi difensiva della parte attrice ove la stessa assume che “la clausola” limitativa della responsabilità patrimoniale dell’assicuratore per un fatto estraneo all’oggetto del contratto ed inserito nelle condizioni generali di polizza (assicurativa) – cioè la morte dell’assicurato prima della liquidazione dell’indennizzo – alteri il normale equilibrio contrattuale a vantaggio solo dell’assicuratore anche se visto nella sola convenienza di sottrarsi all’immediata esecuzione della prestazione in attesa fiduciosa del verificarsi dell’evento causativo dell’estinzione della sua obbligazione giuridica.
Il Tribunale conclude affermando che, per queste ragioni, tale “clausola” deve ritenersi onerosa nel senso che, modificando la comune disciplina contrattuale, avvantaggia la condizione del predisponente in danno della parte assicurata e dei suoi eredi e non può sottrarsi all’imperativo dell’art. 1341 c.c. comma 2 che ne subordina l’efficacia all’approvazione specifica per iscritto.
Il Tribunale aggiunge poi che l’esclusione dell’obbligo nei confronti degli eredi dell’assicurato, in deroga ai principi che prevedono la trasmissibilità agli eredi dei diritti a contenuto patrimoniale ed in mancanza di ogni altra ragione o interesse comune alle parti, integra indubbiamente una clausola limitativa della responsabilità la quale, ove predisposta a stampa nelle condizioni generali del contratto, deve ritenersi inefficace nei confronti del contraente aderente in mancanza di specifica approvazione scritta.
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