di Francesco Rolle
Nel coso degli ultimi giorni, complice un interessante nuovo incarico professionale, ho avuto modo di ripensare alle conseguenze risarcitorie connesse alla perdita di chance, categoria di danno patrimoniale, spesso sottovalutata, che ricorrere ove il danneggiante, con la propria condotta, cagioni la perdita di una concreta ed attuale occasione di vantaggio economico altrui.
Per questa ragione, questo mese segnalo una recente sentenza resa dalla Cassazione (Cass. civ. Sez. I, 13 aprile 2017, n. 9571) la quale, pur respingendo una richiesta risarcitoria a tale titolo, illustra i presupposti di ammissibilità di questa categoria di danno patrimoniale.
Per apprezzare il ragionamento fatto proprio dal Supremo Collegio si rende necessaria, come sempre, una breve ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati nelle premesse della pronuncia in esame.
La KCS conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, la TGE chiedendone la condanna alla restituzione delle spese di spedizione ed al risarcimento del danno da perdita di una “chance“, conseguente alla ritardata consegna, da parte della convenuta, di alcuni plichi che avrebbero consentito – se tempestivamente recapitati – alla KCS la partecipazione a due gare indette dai Comuni di (OMISSIS).
Il Tribunale adito, con sentenza n. 7482/2009, rigettava la domanda.
La Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 262/2012, depositata il 14 febbraio 2012, rigettava, del pari, l’appello della KCS, ritenendo che, pure a voler considerare ammissibile – ai sensi dell’art. 345 c.p.c. – la diversa prospettazione della domanda di risarcimento per perdita di una “chance“, operata dalla appellante in secondo grado, la medesima non aveva fornito la prova che i plichi tardivamente consegnati contenessero effettivamente i documenti indicati nei bandi di gara.
Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso la KCS nei confronti della TGE, affidato a due motivi
In particolare con il secondo motivo di ricorso – che per il suo carattere di logicamente pregiudiziale va esaminato per primo – la KCS si duoleva del fatto che la Corte di Appello abbia erroneamente escluso sia la restituzione delle spese di spedizione dei plichi, che avrebbero consentito alla KCS – se consegnati entro l’orario stabilito – la partecipazione a due gare indette dai Comuni di (OMISSIS), sia il risarcimento del danno da perdita di una “chance“, conseguente alla ritardata consegna, da parte della TGE dei plichi in questione, che aveva determinato, per l’odierna ricorrente, la perdita della possibilità di partecipare alle suddette gare.
Ad avviso del Supremo Collegio tale prima censura è fondata nei limiti che seguono.
Premette la Corte che il danno patrimoniale da perdita di una “chance” costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare) consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete, dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, la sua attuale esistenza.
Il risarcimento in parola – proseguono gli Ermellini – può essere, in altri termini, riconosciuto solo quando la “chance” perduta aveva la certezza o l’elevata probabilità di avveramento, da desumersi in base ad elementi certi ed obiettivi.
La Corte rileva che, nel caso in esame, è evidente che la ritardata consegna dei plichi, del tutto pacifica tra le parti ed accertata dall’impugnata sentenza, non ha determinato di per sé – in assenza di un qualsiasi elemento di prova in ordine al loro contenuto, ossia della dimostrazione che gli stessi contenevano effettivamente i documenti indicati nei bandi di gara – la perdita certa per la ricorrente di partecipare con probabilità di successo alla gara.
In ragione di tale difetto di prova, ad avviso della Corte il danno in parola non può, di conseguenza, essere riconosciuto.
La Corte giunge a diversa conclusione per quanto concerne le spese di spedizione dei plichi.
Ad avviso degli Ermellini, nella liquidazione del danno contrattuale, invero, il lucro cessante rappresenta la somma che il danneggiato avrebbe ricavato in caso di adempimento dell’obbligazione al netto delle spese, nella misura che il medesimo riesce a dimostrare in giudizio. E tuttavia, ciò non esclude che egli abbia diritto, ai sensi dell’art. 1223 c.c., qualora tali spese abbia realmente sostenuto, di esserne ugualmente risarcito a titolo di danno emergente, conseguente all’inadempimento del contratto da lui subito.
Ad avviso della Corte, ne discende quindi che, contrariamente all’assunto del giudice di appello, la TGE è tenuta a corrispondere alla KCS, a titolo di danno emergente, la somma di Euro 144,00, pari all’ammontare delle spese di spedizione inutilmente affrontate dalla ricorrente a causa dell’inadempimento contrattuale della controparte, concretatosi nella tardiva consegna dei plichi in questione.
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