di Francesco Rolle
In questi giorni in cui – quantomeno qui al nord – si susseguono eventi atmosferici davvero intensi non potevo non segnalare questa recente interessante pronuncia della Corte di Appello di Lecce (Appello Lecce, Sez. I, 22 aprile 2015, disponibile nella banca dati elettronica: Pluris Online UTET/CEDAM) la quale, definendo un giudizio promosso dal proprietario di un immobile allagatosi in conseguenza di un evento atmosferico di eccezionale intensità, chiarisce i limiti entro i quali può operare il caso fortuito quale ragione di esclusione della civile responsabilità (nella specie di alcuni Enti Pubblici).
Come sempre, per apprezzare il ragionamento fatto proprio dalla Corte di Appello si rende necessaria una breve ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati nelle premesse della pronuncia in esame.
Con atto di citazione notificato il 27 gennaio 2004, A.P. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brindisi, Sezione distaccata di Ostuni, il Comune di Ostuni chiedendo di accertare e dichiarare la responsabilità dell’Ente per tutti i danni provocati all’attore dall’allagamento del proprio immobile in occasione dell’evento piovoso verificatosi in Ostuni il 20 maggio 2002.
L’attore premetteva che il deflusso delle acque che invadevano i locali proveniva, nella sua stragrande maggioranza, dal centro urbano di Ostuni per poi riversarsi sulla S.P n 21 Ostuni – Villanova. Aggiungeva che, sebbene particolarmente intenso, il nubifragio non aveva avuto carattere di imprevedibilità.
In punto di diritto, sosteneva che la responsabilità dell’ evento andava attribuita al Comune di Ostuni ed alla Provincia di Brindisi che non avevano provveduto a porre in essere, lungo il tracciato delle rispettive strade interessate, al fenomeno, opere appropriate di intercettazione e smaltimento delle acque.
Con comparsa di costituzione depositata il 16 marzo 2004 si costituiva in giudizio il Comune di Ostuni, sottolineando la eccezionale ed imprevedibile precipitazione atmosferica del 20 maggio 2002, impugnando e contestando la domanda. Il Comune, inoltre, ritenendo contraddittore necessario nel giudizio il Consorzio S.D.B. (in quanto Ente tenuto per legge all’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria tra cui le strade), ne chiedeva ed otteneva la chiamata in causa.
Con comparsa di costituzione e risposta del 27 maggio 2004 si costituiva in giudizio il Consorzio, che impugnava e contestava le richieste formulate dal Comune di Ostuni nei suoi confronti invocando la responsabilità del Comune e della Provincia di Brindisi in quanto proprietarie delle strade. In via di mero subordine, contestava la domanda attorea sottolineando, nel caso di specie, il caso fortuito determinativo del danno. Il Consorzio deduceva, altresì di essere coperto da garanzia assicurativa per la responsabilità civile verso terzi, con polizza della S.A., della quale chiedeva la chiamata in causa per essere garantito e manlevato da ogni avversa pretesa.
Con provvedimento in data 10 giugno 2004, il Tribunale autorizzava la chiamata in causa della S.A. fissando all’uopo l’udienza del 25 novembre 2004 quale nuova udienza di prima comparizione.
Con comparsa di costituzione e risposta del 15 novembre 2004, si costituiva in giudizio la S.A. spa, che impugnava e contestava sia quanto dedotto ed eccepito dal Comune di Ostuni e sia la richiesta attorea.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata il 5 aprile 2004, si costituiva la Provincia di Brindisi chiedendo il rigetto della domanda ed invocando il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto le acque piovane che avevano invaso i locali dell’attore provenivano, nella stragrande maggioranza, dal centro urbano di Ostuni e da qui si erano poi riversate sulla S.P.21 Ostuni-Villanova.
La Provincia di Brindisi sottolineava altresì la insussistenza del nesso eziologico tra il danno e la condotta ascrittale sia in quanto i locali danneggiati non confinavano con la strada provinciale ma ricadevano in area di pertinenza del Consorzio e sia in ragione del fatto che la strada provinciale 21 non era dotata di cunette o canali che si prolungassero sino alla Via del Commercio.
La causa veniva istruita con memorie istruttorie, prove testimoniali ed a mezzo di CTU tecnica.
Con sentenza pronunciata in data 25 novembre 2011, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla parte attrice, il Tribunale di Brindisi sez distaccata di Ostuni, accertata e dichiarata la corresponsabilità del Comune di Ostuni e della Provincia di Brindisi nella causazione dei danni provocati all’attore in conseguenza dell’episodio di allagamento, condannava il Comune di Ostuni, nonché la Provincia di Brindisi a corrispondere all’attore l’importo di Euro 4.388,13, oltre interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria.
Osservava il Tribunale che l’istruttoria aveva dimostrato la fondatezza dell’assunto attoreo relativo ai danni subiti in conseguenza dell’allagamento ed in particolare alla attribuzione dei danni alla assenza di una rete di fogna bianca. Richiamava le risultanze della CTU espletata nella quale, tra l’altro, si dava atto che le opere eseguite nell’ambito della zona industriale nel 2005, successivamente ai fatti di causa, erano risultate idonee alla eliminazione dei rischi di allagamento sull’area de qua.
Il Tribunale, inoltre, riteneva che fosse da escludere una compartecipazione colposa della parte attrice nella produzione del danno. Individuava quindi la responsabilità del Comune in quanto proprietario delle strade, e la concorrente responsabilità del Consorzio quale ente deputato alla manutenzione delle strade e delle opere idriche, per la mancata realizzazione delle opere di realizzazione della fogna bianca . Attribuiva alla Provincia, seppure in via residuale, la responsabilità per non aver mantenuto le cunette laterali alla strada provinciale, curando che le stesse rimanessero sgombre da vegetazione o materiali estranei.
Il Tribunale rilevava inoltre che la accertata straordinarietà dell’intensità del fenomeno piovoso costituiva una concausa dell’ evento, ma non configurava una ipotesi di caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra l’evento dannoso e le condotte omissive come rilevate.
Avverso la sentenza proponevano impugnazione il Comune di Ostuni con atto d’appello notificato il 26 marzo 2012. Con comparsa depositata il 2 ottobre 2012 si costituiva A.P., chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza. Nessuno si costituiva per Provincia Brindisi nonostante la regolare notifica dell’atto di appello e ne veniva dichiarata la contumacia.
All’udienza del 19 novembre 2014, la causa veniva trattenuta per la decisione, assegnando alle parti i termini di rito per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali memorie di replica.
Così ricostruite le vicende processuali, la Corte rileva preliminarmente che la causa petendi della pretesa fatta valere in primo grado e accolta dal giudice nella sentenza impugnata, è regolata dall’articolo 2051 codice civile, il quale sancisce la responsabilità per il danno cagionato dalle cose in custodia con salvezza del caso fortuito.
In linea con l’orientamento decisamente maggioritario della giurisprudenza di legittimità, ad avviso della Corte la responsabilità per danni cagionati dalle cose in custodia:
– ha pressoché carattere oggettivo (ved. Cass. 11227, 20427, 28811 tutte del 2008 ed ancora, di recente, Cass. 8229/2010, Cass. 5910/2011) e, pertanto, per la sua “configurabilità in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza”;
– con la conseguenza che “tale tipo di responsabilità è escluso solamente dal caso fortuito, fattore che attiene non più ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’ evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri della imprevedibilità e della inevitabilità, a nulla rilevando che il danno risulti causato da anomalie o vizi insorti nella cosa prima dell’inizio del rapporto di custodia”.
La qualità della responsabilità ex articolo 2051 codice civile – prosegue la Corte – incide direttamente sul regime dell’onere probatorio, nel senso che,
– mentre alla vittima incombe dimostrare il nesso eziologico tra cosa ed evento lesivo,
– il danneggiante – per andare esente da responsabilità – deve provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso, vale a dire un fattore esterno che presenti il carattere del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità ed eccezionalità.
Ai fini della prova del nesso eziologico – prosegue la Corte – occorre la duplice condizione che il fatto costituisca un’antecedente necessario dell’ evento, nel senso che questo rientri dalle conseguenze normali ed ordinarie del fatto, e che l’antecedente non sia poi neutralizzato, sul piano eziologico, dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l’ evento.
La configurabilità del caso fortuito – prosegue la Corte – postula che il fattore causale estraneo alla sfera del soggetto danneggiante abbia un’efficacia di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa custodita e l’evento lesivo, ossia che possa essere considerato una causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento.
Fatta questa premessa, la Corte rileva che:
– con il primo motivo di appello il Comune di Ostuni lamenta la violazione delle norme che disciplinano la attività dei C.B.S. industriale e rileva che l’obbligo di infrastrutturazione dell’area industriale di Ostuni gravava sul Consorzio;
– con il secondo motivo di appello lamenta violazione delle norme in materia di strade pubbliche e censura la decisione del Tribunale per contraddittorietà manifesta della motivazione, atteso che l’oggetto del giudizio si incentrava nella individuazione del soggetto obbligato alla realizzazione della fogna bianca e non in quella dell’Ente proprietario delle strade al di sotto delle quali passa l’impianto di fogna bianca.
Con autonomo motivo di appello il Consorzio appellava la sentenza lamentando che il Tribunale sarebbe incorso in un errore configurando la sua responsabilità solidale.
La Corte conclude affermando che la sentenza deve essere integralmente confermata per le ragioni che seguono.
In primo luogo, ad avviso della Corte la responsabilità del Comune è indiscutibile e si fonda non come riportato dall’appellante sulla unica circostanza della assenza della fogna bianca, bensì sui rilievi del CTU che sottolineava non solo la problematica relativa alle infrastrutture della fogna, bensì la assenza di una idonea rete pluviale, anzi la assenza totale di qualunque presidio idraulico per la captazione delle acque piovane.
Al Comune, prosegue la Corte, compete la gestione del territorio e la coniugazione dell’assetto, che ad esso reputa di dare, con il sistema di smaltimento delle acque, della cui insufficienza ed inadeguatezza il Comune di Ostuni ha preso atto sempre dopo gli allagamenti e non prima, come gli imponevano l’osservanza del principio – centrale nell’ordinamento – del neminem laedere e l’obbligo del custode.
La Corte rileva inoltre che nella specie non solo il Comune non ha fornito la prova dell’adeguatezza del sistema di smaltimento all’assetto del territorio, ma le acquisizioni tecniche e documentali dimostrano in positivo che il sistema di smaltimento non esisteva nella zona industriale e quello della zona a monte era inidoneo ad evitare la inondazione a valle. Dato questo che fa regredire una precipitazione seppure eccezionale, a fattore irrilevante, integrando – al più – la qualità di ” fortuito concorrente”, inidoneo ad assorbire l’intero nesso eziologico e ad integrare la prova liberatoria di cui all’articolo 2051 codice civile.
Passando alla posizione del Consorzio la Corte osserva che anche la responsabilità del consorzio si correla alla violazione dell’articolo 2051 codice civile, poiché, da un lato, è stato appurato che la assenza totale della rete fognaria, non consentendo il corretto scorrimento e smaltimento delle acque, ne ha determinato il ristagno.
In particolare, ad avviso della Corte nella specie sussiste la civile responsabilità del Consorzio in quanto:
- è provato che rientrava nei suoi compiti la realizzazione della rete fognaria a servizio della zona industriale di Ostuni, in quanto ente avente quale finalità la realizzazione delle condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive;
- l’attività di manutenzione, cui era tenuto il Consorzio, implica di per sé la “custodia”, che non è impedita dall’estensione del bene su cui deve essere esercitata.
In ragione di quanto precede, ad avviso della Corte deve nella specie essere affermata la responsabilità solidale dei due enti ai sensi e per gli effetti dell’art 2051 c.c. perché la causa dei danni riportati da A.P. è attribuibile alla condotta omissiva e colposa in parte del Comune di Ostuni ed in parte del C.S.:
– il primo, in quanto proprietario delle strade che congiungono il capoluogo con la zona industriale sottoposta (l’inesistenza di qualsiasi protezione alla caduta dell’acqua è pertanto circostanza sicuramente addebitabile a titolo di colpa all’Ente il quale avrebbe dovuto prevedere, data la particolare natura dei luoghi, difese specifiche a protezione degli immobili a valle come quelli, nello specifico, dell’immobile di Asciano);
– il secondo, in quanto è stata provata l’assenza di qualunque iniziativa concreta consortile volta alla progettazione, esecuzione, gestione e manutenzione di opere, di attrezzature, di servizi di uso comune.
La Corte ha, inoltre, ritenuto che la responsabilità solidale dei due Enti sussista anche se, nel corso dell’istruttoria, è emersa la natura eccezionale dell’evento atmosferico in occasione del quale si sono verificati gli allagamenti.
La Corte rileva invero che ad avviso del nominato CTU il fenomeno è stato di notevole intensità se riferito alla quantità di pioggia e di assoluta eccezionalità con riferimento alla intensità della pioggia caduta in un’ora confrontando il valore misurato pari a 80.40 mm/h con il valore medio desunto dalla serie storica, pari a 9.18 mm/h.
Ad avviso della Corte i rilevi sollevati dagli appellanti in ordine alla incomparabilità con eventi successivi e alla imprevedibilità della intensità dell’evento non sono nella specie decisivi ai fini della decisione in quanto il danno non è stato provocato né dagli 80.40 mm piovuti in un’ora, né dai restanti 114.80 di pioggia caduti nelle rimanenti 23 ore, ma unicamente dalla assenza di una rete pluviale. Come accertato dal CTU, la precipitazione piovosa trovò agevole modo di acquisire forza espansiva, determinando veri e propri allagamenti, per la concomitante operatività di una serie di cause, attribuibili in primo approccio ad una inadeguata gestione del territorio.
Ritiene quindi la Corte di confermare la sentenza di primo grado in quanto nella specie il caso fortuito deve essere escluso, non tanto per la non ritenuta eccezionalità dell’ evento, quanto perché mancavano i presidi idrualici che, se esistenti, avrebbero sicuramente evitato il danno o quantomeno attenuato la gravità.
In punto di diritto, la Corte ricorda che in proposito la Suprema Corte, per fatti analoghi a quello in esame, con la sentenza 9 marzo 2010 n. 5658 ha statuito che per non aversi risarcimento dei danni si sarebbe dovuto dimostrare che le piogge in questione erano state da sole causa sufficiente dei danni nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia delle opere di smaltimento delle acque piovane; il che equivale in sostanza a dimostrare che le piogge in questione erano state così intense (e quindi così eccezionali) che gli allagamenti si sarebbero verificati nella stessa misura pure essendovi stata detta scrupolosa manutenzione e pulizia.
In ragione di quanto precede, conclude la Corte, deve quindi essere confermata la decisione sulla imputabilità del fatto dannoso:
– alla condotta omissiva colposa del Comune di Ostuni per non aver eseguito i necessari interventi di realizzazione e/o adeguamento di opere riguardanti le acque pluviali scorrenti su pubbliche strade riversatesi in modo indiscriminato nella zona in cui si manifestò il fenomeno inondativo;
– ed alla condotta omissiva del Consorzio appellante consistente nel non aver apprestato adeguati sistemi di convogliamento e deflusso delle acque meteoriche ed efficaci strumenti idonei a fronteggiare un possibile allagamento.
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