Il Tribunale di Bari, chiamato a dirimente una controversia insorta tra una cittadina barese ed il Comune di Bari in relazione ad una caduta avvenuta sul suolo pubblico in data 8 gennaio 2004, con una interessante pronuncia pubblicata in data 30 settembre 2014 ha avuto occasione di chiarire con precisione i confini della responsabilità da custodia della PA.
Per apprezzare il ragionamento fatto proprio dal Tribunale di Bari si rende necessaria una breve ricostruzione dei fatti, così come sinteticamente riportati nelle premesse della pronuncia in esame.
L’attrice conveniva in giudizio il Comune di Bari chiedendone la condanna al risarcimento dei danni dalla stessa subiti a seguito di una caduta dovuta alla mancanza di una mattonella del marciapiede su cui la stessa si trovava a camminare. L’attrice invocava, quindi, la responsabilità civile del Comune ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2043 e 2051 c.c., e ne chiedeva per l’effetto la condanna al risarcimento dei danni subiti.
Il Comune di Bari si costituiva in giudizio chiedendo, in rito, la chiamata in causa della Società affidataria della manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto stradale teatro del sinistro, e nel merito, il rigetto della domanda di parte attrice.
Si costituiva in giudizio la Società appaltatrice, la quale contestava la fondatezza della domanda attorea chiedendone il rigetto; in rito chiedeva, ed otteneva, di poter chiamare in causa la propria Compagnia di Assicurazione con cui aveva stipulato una polizza di assicurazione della RC. La Compagnia si costituiva chiedendo il rigetto della domanda.
Prima di entrare nel merito dei fatti portati alla sua attenzione, il Tribunale di Bari effettuata una breve ricostruzione dei principi in diritto che governano la responsabilità da custodia ex art.2051 c.c., ricostruzione che ad avviso di chi scrive merita di essere brevemente illustrata.
In particolare, il Tribunale richiamando un noto arresto del Supremo Collegio (Corte di Cassazione, 23 gennaio 2009, n.1691) ritiene che l’art. 2051 c.c. sia applicabile al Comune – quale proprietario delle strade del demanio comunale – in relazione alla rete stradale contenuta nella perimetrazione del centro abitato in quanto tale caratteristica deve ritenersi sintomatica della sussistenza in capo al Comune di una possibilità effettiva ed efficace di sorveglianza e controllo. Ne consegue che, essendo indubbia la proprietà della strada e non essendovi prova di una obiettiva impossibilità di vigilanza della medesima, il Comune in astratto ben potrebbe essere chiamato a rispondere per omessa custodia.
Il giudice adito precisa, tuttavia, che non ogni caduta su strada comporta di per sé la ricorrenza di detta fattispecie di responsabilità: al contrario la medesima si fonda, oltre che sul rapporto di custodia, anche sul fatto che il danno si sia verificato o nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa o in conseguenza dello sviluppo di un agente dannoso sorto in essa, che si inserisca nella sua struttura in modo da alterarne la natura e da provocarne un’intrinseca attitudine lesiva.
Il Tribunale di Bari rileva inoltre che la norma in esame (art. 2051 c.c.) non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra la res in custodia ed il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa.
Fatta questa premessa in punto di diritto, il Tribunale conclude affermando che nel caso portato alla sua attenzione la domanda proposta dall’attrice non merita di essere accolta in quanto quest’ultima, nel corso del giudizio, non ha dimostrato che l’evento si sarebbe effettivamente prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa in quel determinato contesto.
Il Giudice di merito rileva inoltre, per completezza, che la caduta su suolo demaniale costituisce di per sé un evento neutro che può dipendere da plurimi fattori (il comportamento di un terzo, una distrazione, una imprudenza) e che dello stesso potrà essere chiamato a rispondere il Comune solo ove si provi che la caduta sia eziologicamente riferibile proprio ad un comportamento negligente dell’ente. Ma tale dimostrazione (nesso causale caduta – comportamento negligente, omessa manutenzione) deve risolversi nella prova che il fatto dannoso (la caduta) sia stato la normale e attendibile conseguenza (causalità adeguata) della situazione di cattiva manutenzione in cui versava la strada. Tale rapporto di consequenzialità deve necessariamente concretarsi, a sua volta, nella prova che esisteva, al momento del fatto, una condizione fisica del bene di per sé oggettivamente capace di provocare il danno lamentato.
Il Tribunale rileva quindi che, dalla dinamica del sinistro, così come descritta nell’atto di citazione e confermata dai testimoni escussi in corso di giudizio, emerge come la res abbia svolto esclusivamente il ruolo di occasione dell’evento dannoso, provocato, in realtà, da una causa estranea ad essa, e cioè dallo stesso comportamento colposo della danneggiata.
Infatti, alla luce dello stato dei luoghi (come emergente dalla documentazione fotografica versata in atti) appare evidente che se l’attrice avesse tenuto un comportamento più prudente ed accorto, ben avrebbe potuto adottare le normali cautele necessarie per evitare il verificarsi dell’evento di danno. Ad avviso del giudice può, invero, rientrare nella normale diligenza, notare possibili ostacoli anche sulle pavimentazioni stradali o sui marciapiedi e, quindi, percepire con utile anticipo la presenza o meno e l’entità di dislivelli, onde predisporre le opportune cautele. Nella predetta valutazione non rileva tanto l’entità del dissesto presente su un marciapiede (che, tra l’altro, quanto più è lieve tanto più può essere insidioso, e quanto più è marcato tanto più può essere visibile), quanto, piuttosto, la sua concreta possibilità di avvistamento.
Il Tribunale di Bari conclude il proprio ragionamento affermando che l’incidente è ascrivibile al fatto e colpa esclusiva della medesima attrice, in forza del principio di autoresponsabilità che costituisce la frontiera estrema della responsabilità civile, normativamente segnata dall’art. 1227 cod. civ., in forza del quale ognuno deve risentire sulla propria sfera giuridica delle conseguenze della mancata adozione delle cautele e delle regole di comune prudenza che identificano il contenuto di diligenza esigibile dal soggetto giuridico nei comportamenti adottati nella vita sociale.
In caso contrario, del resto, in presenza di negligenza e disattenzione dell’utente della pubblica via, ogni asperità, anche la più insignificante, potrebbe trasformarsi in una insidia e/o trabocchetto idonei a fondare la responsabilità civile della P.A..
Francesco Rolle
Avvocato in Milano
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