Di Marco Ruggi
Il passato periodo estivo l’ho riservato allo studio del fenomeno della riparazione diretta che, quasi fosse una sorta di epidemia, ha contagiato il settore con previsioni irreversibili. Mi appresto a raccontarvi in questa seconda domenica del mese di settembre, grigia per la pioggia ed ancor più per la depressione generale che soverchia la vecchia Europa incapace di muovere passi decisivi su ogni fronte. Anche il mercato assicurativo è ben rappresentativo della società in decadenza. Non sono pessimista, solo realista. Per questo la riparazione diretta va approcciata come una novità e con curiosità quale fenomeno sociale del settore o per le scommesse di successo od insuccesso che si raccoglieranno. Era dal lontano 2001, quando avviavano le prime trasformazioni degli studi in società come richiesto dagli Assicuratori, che non si registrava tanto movimento e preoccupazione: neppure con il cambiamento imposto con la nuova gestione dei danni da fenomeno elettrico si era visto analogo fermento. Cambiamento che in realtà poi è avvenuto solo in parte poiché la svolta vera mai è avvenuta, difatti sopravvivono i periti singoli affiancati da realtà meglio organizzate, ma la committenza mai ha preso orientamento chiaro verso l’uno o verso gli altri. Solo in questi ultimi mesi ho sentito manifestare pubblicamente la necessità per l’Assicuratore autodefinitosi “realtà industriale” di avvalersi di società peritali strutturate. Con la riparazione diretta il messaggio di cambiamento è stato esageratamente interpretato come “il perito non serve più”: forse da ciò è partita la fobia del dobbiamo fare, ancora più alimentata dall’avvento dello “straniero” nel mercato. Qualcuno ci ha visto il businness, non sulla perizia certo, ma sulla riparazione. Questo almeno in apparenza, poiché nella sostanza al momento il businness diventa accaparrarsi grandi volumi di sinistri per i necessari test sulla riparazione. Di fatti grandi investimenti non se ne vedono, poiché pressochè tutti gli attori che si propongono per la riparazione offrono la capillarità sul territorio attraverso il network di idraulici o muratori. In questo senso nulla di nuovo all’orizzonte se non che il sistema multilevel marketing entra anche nella professione peritale. In molti ricorderanno le vicende del tubo Tucker o per rimanere in ambito assicurativo di Star Service International , esempi chiari di multilevel marketing, dove la catena alimentata di speranze e sogni di gloria, in realtà arricchiva solo la punta della piramide che raccoglieva i denari degli “adepti”: non così nel nostro caso, poiché non di consegna di denaro si tratterebbe ma di clienti assicurati affidati alla fame della rete. Si, perché per la gran parte dei progetti non si prevede più il sopralluogo del perito ma solo del mero artigiano, che infine per valorizzare l’uscita deve conquistare l’assenso alla riparazione. Mi sono chiesto il perché di tanto fermento per la riparazione diretta. Per parte delle Compagnie la necessità di sperimentare qualcosa di nuovo: pochi ci credono, ma devono, in ragione del contenimento dei costi medi del sinistro, per differenziare l’offerta, per un migliore servizio all’assicurato. Per parte dei periti quale ovvia conseguenza generata dalla preoccupazione di perdere spazi. Anche la nostra associazione Assit nell’interesse degli associati ha predisposto un progetto che non vi anticipo, ma di cui sentirete parlare poiché strutturato con l’unica vera entità capillarmente presente sul territorio per le riparazioni: le cooperative! Per parte dei nuovi avventori “riparatori” una occasione da cogliere, male che vada stante il modesto investimento (network) i sinistri per la gestione professionale ordinaria costituiscono incasso di interesse. In Francia, dove la riparazione diretta è attiva da circa 25 anni ed ha conquistato spazi modesti, un recente studio l’ha definita non interessante per il risparmio sul costo medio ma strategica per l’offerta al cliente. La penso uguale. La filiera o meglio il network per la gestione della riparazione ha una vitalità onerosa e se nella prima fase il multilevel si alimenta di entusiasmi poi necessità di concretezza. L’idea personale che mi sono fatto è che non si prospettano grandi stravolgimenti nell’immediato ma questo non significa che a mia volta non sia preoccupato. Il mercato non è ancora maturo e procede a forza di sperimentazioni ma senza una rotta precisa. Esiste grande confusione e nel contesto trovano spazio i “guru” della riparazione. Che il mercato non sia maturo e regni di incertezza lo si percepisce su più fronti: ad esempio attraverso la mia breve indagine non sono in grado di riferire se il perito è benviso se fa impresa per la riparazione diretta o se lo si preferisce solo affiancato alla “ditta/network” deputata all’intervento. Il conflitto eventuale di interesse non sussiste invece per il riparatore al quale è chiara la possibilità di fare il perito. Magie dell’Assicuratore! Anche sulla trasparenza resta tanta strada da percorrere. Assegnare alle nuove entità, pacchi di 5000 o 10000 sinistri, perché di questi numeri si parla, significa in soldoni di commesse significative per la mera perizia ed ancor più se si aggiunge la riparazione. Nei mercati maturi si parlerebbe di commesse con gara per l’assegnazione. Ecco, la vera e reale preoccupazione sono le migrazioni di sinistri, vale a dire il trasferimento di numeri ingenti di pratiche per la sperimentazione della riparazione diretta: migrazione senza possibile ritorno, che porterebbe inevitabilmente alla chiusura di molte realtà peritali, seppure sia convinto che nessun Assicuratore abbia in animo tale scenario. Si annunciano mesi caldi, di attesa e suspense per i risultati che daranno i test di riparazione. Tuttavia, in questo scenario che ha del rivoluzionario, probabilmente tutti ci siamo persi qualcosa:- ma Periti Uniti, che fine ha fatto? Se ci sei batti un colpo!
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