di Marco Ruggi
La speranza era l’imprevisto. Non c’è stato. A Lazise, l’imprevisto atteso per un convegno tra i più canonici realizzati per tradizione tecnica peritale non l’abbiamo riscontrato. La mia visione del convegno si discosta da quanto potrete leggere in questo numero de l’Osservatorio per scritti proposti; in realtà la distonia nasce per la differente angolazione valutativa, per parte mia politica, attuale e prospettica. L’incontro dell’intera categoria non ha sortito l’impatto comunicativo ed innovativo suscitato in quel di Cervia ed il nuovo presentato è stato contrapposto al vecchio. Come un rewind del passato. Se in molti si attendevano proiezioni reali od ipotetiche sul proprio futuro professionale, forse sono rimasti delusi. Essere o non essere…, il noto dubbio Amletico. Appartengo alla specie che si estinguerà oppure ho già i geni mutanti di quella che supererà la selezione? Riuscirò ad accettare di abbandonare il mio mondo ordinario per avventurarmi in quello straordinario? Saprò accettare di unirmi e condividere con gli altri la mia unicità? Darwin scriveva: “Viviamo in un sistema chiuso, dipendenti gli uni dagli altri e dipendenti tutti dalla terra stessa. Tutto ciò che ci divide è infinitamente meno importante del pericolo che ci unisce”. Per i tanti ottimisti e sostenitori dell’aggregazione della categoria la risposta è arrivata, chiara e definitiva: un nulla possibile! Se questa è la macchia nera, il marchio del morbo dell’individualismo del perito e sul quale non ritengo di soffermarmi perché fa male, il convegno del Garda ha detto anche altro. Tra un’ovazione per gli interventi che riproponevano il passato e musi lunghi verso chi immaginava il nuovo, Lazise verrà ricordato quale spartiacque tra passato e futuro. Forse l’ultimo momento di incontro di un passato a ricordo dei posteri. Non sono stato il solo a cogliere alcuni passaggi di riflessione che mi inducono a scrivere che ci avviciniamo alla svolta di mercato. Il “mito” dell’intelligenza artificiale in grado di rimpiazzare tutti e subito pare oramai accantonato dagli Assicuratori, poiché non perseguibile prima di un ventennio, tempo eccessivamente lungo per attendere di proporre il nuovo. Pressochè certo che già nell’autunno e comunque nell’arco dei prossimi due anni il mercato dei sinistri verrà stravolto. Sia sul fronte periti che su quello liquidatori, agenti non esclusi. Gli Assicuratori intervenuti a Lazise non si sono sbilanciati ma qualcosa hanno lasciato trapelare. Siamo oltre la figura del perito artigiano, imprenditore o delle società peritali riferimento di mercato. L’attenzione delle Compagnie volge verso strutture, peraltro poche, definite o definibili provider del servizio estimativo, liquidativo e riparativo. Si prospettano grandi aree territoriali affidate ai provider per la gestione dei danni nella logica del servizio al cliente con organizzazione interna per attività diversificate: la perizia tradizionale, la videoperizia, la videoriparazione, la liquidazione sul documentale, la riparazione in forma specifica, il rimpiazzo dei beni ed altre attività ancora di cui molte non ancora individuate. Ciò significa immaginare il provider quale vera azienda, con struttura manageriale, Presidente, Ad, direttore generale e via al seguito, processi e procedure organizzate, impianto informatico evoluto a gestione di tutte le attività interconnesse con la Compagnia e tante tante persone impegnate con ruoli diversificati e mansioni definite; un comparto tecnico ed un altro commerciale, un ufficio comunicazione stampa, un call center, un numero verde per il pronto intervento ed altro ancora nella prospettiva di immaginazione personale. Con questa visione anche le meglio organizzate società peritali risultano superate ed inadeguate: in primis perché immaginarsi provider significa investire e rischiare capitale, tanto. Da Lazise in molti sono tornati alle proprie residenze quasi rassicurati che il cambiamento portato da UnipolSai nel 2017 fosse un episodio isolato e come accaduto in altri periodi storici, l’innovazione potesse considerarsi non riuscita o messa in salamoia per tempi futuri. La verità invece è che l’anno intercorso è stato utilizzato dagli Assicuratori allo scopo di studiare, approcciare e metabolizzare il nuovo. Un arresto, non causa un ripensamento ma perchè i test effettuati conducono tutti verso la direzione del provider ed una volta avviato il nuovo corso non è permesso tornare indietro. La domanda giunge quindi spontanea: “con questa prospettiva, il perito che farà?”. Il perito rimarrà e pure la sua professionalità acclarata seppure debba essere affinata e sviluppata per le nuove esigenze. Saranno i provider a gestire i periti, necessariamente giovani, pronti ad apprendere il nuovo ed a mettersi in discussione senza tante menate tipiche di quanti insistono a pensare a quando si stava meglio. Il doppio metro per le misurazione del locale o la rotella metrica per la volumetria dello stabile, rimarranno un ricordo. Il provider userà Google per la preesistenza! Al convegno di periti uniti di tutto questo non si è parlato. Non tocca a me dire se è stato un bene non parlarne o parlarne con il rischio di generare sconcerto. Tuttavia, resto convinto che il dovere delle Associazioni sia quello di informare oltre che di formare gli associati. Con la mia prospettiva A+ aveva un importante senso, ma A+ non si fa più. L’utilità e la credibilità della Confederazione sono compromesse, tanto che di Cpu si dice non serva più. Le Associazioni stesse sono a rischio nell’eventualità abbia io ragione; ed allora cosa possono fare per non trovarsi senza iscritti? Io racconto, faccio il giornalista tecnico; lascio la risposta ai Presidenti delle rappresentanze peritali che invito ad unirsi a me per comunicare la svolta in atto. Ricordo mia madre che saggiamente diceva per avvertirmi di parlare consapevole: “un bel tacer non fu mai scritto”. Pur condividendo il proverbio, oggi mi sento di proporne un altro che declina la prudenza: “parla adesso o taci per sempre”.
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