In questo editoriale di febbraio affrontiamo l’argomento ostico delle libere professioni regolamentate e non, stante l’attualità dell’argomento. La legge di stabilità meglio conosciuta come Jobs act non ha rimosso le norme introdotte con la legge Fornero voluta dal governo Monti. Matteo Renzi aveva promesso soluzioni per il popolo delle partite Iva poi non arrivate con la legge di fine anno ed il prossimo 20 febbraio al Cdm è prevista la discussione per rimediare. Il COLAP (coordinamento libere associazioni professionali) ha promosso in quest’ultimo periodo intensa attività divulgativa, affinchè  professionisti e opinione pubblica si sensibilizzassero circa le penalizzazioni dovute ad un aggravamento di oneri. Risulta altresì promotore, il Colap, di un emendamento per la revisione della legge a favore delle libere professioni non riconducibili ad albo proprio, ora e per il futuro. L’argomento fiscale e previdenziale è di fondamentale importanza anche per la nostra categoria di periti assicurativi sia che la professione venga svolta con iscrizione ordinistica che senza di essa. Risaputo che la professione del perito assicurativo viene esercitata  ricoprendo entrambe le connotazioni professionali: liberi professionisti ordinistici con obbligo di iscrizione alle singole casse di previdenza e gestite dagli ordini medesimi, oppure liberi professionisti senza albo che sono tenuti ad iscriversi alla gestione separata dell’Inps. Inutile nascondere la disparità di trattamento ai fini previdenziali; il perito professionista con iscrizione ordinistica versa una contribuzione previdenziale che è circa la metà rispetto a quella del collega che “paga” l’Inps.  Il dato statistico nazionale per tutte le professioni indica all’incirca 1.700.000 professionisti ordinistici, contro 3.000.000 di liberi professionisti senza albo. Per tornare a noi, quanti saranno i periti iscritti ad albo di riferimento rispetto a quelli privi di requisiti per l’iscrizione? Non si ha un riferimento certo.

A sensazione il dato nazionale, sposa preciso  anche il nostro settore.

L’incidenza percentuale per i professionisti non iscritti ad albo passa dal 27% dell’anno passato al 30% fino al tetto del 33% previsto nel 2018.  Cambia anche il regime dei minimi per i giovani professionisti fino a 35 anni. In sostanza una forte penalizzazione per la categoria che interessa non solo il singolo professionista ma pure le strutture peritali organizzate che dovrebbero tener in debito conto le differenze contributive delle due posizioni professionali.  Per le società, l’esperienza suggerisce oggi di valutare favorevolmente la candidatura di risorse peritali  nelle figure professionali ordinistiche. Per molteplici ragioni, tutte oggettive e ben svincolate da ipotesi preferenziali legate a maggiori o minori capacità. A parità di trattamento economico il perito ordinistico è meno “vessato” in contribuzione rispetto al secondo e  comunque lavori,  maggiormente gratificato economicamente. Emerge pure l’aspetto del rapporto subordinato che potrebbe sussistere per libero professionista senza albo di riferimento. Il condizionamento normativo potrebbe valere addirittura per l’Assicuratore nell’eventualità di un rapporto di collaborazione esclusiva verso una sola Compagnia da parte del perito libero professionista non ordinistico. La discussione è ampia ed il problema quanto mai sentito, attuale e preoccupante.    La legge è aggrovigliata, complessa e soggetta ad interpretazione, quasi compilata per soddisfare la fame delle casse dello stato più che per favorire il professionista  o l’imprenditoria professionale.  Voglio anche ricordare quei colleghi che per titolo di studio non hanno albo professionale di riferimento; per loro al momento non esiste alternativa. In un contesto sociale economico sempre difficile e di bassa remunerazione, l’avviamento alla professione peritale  può avere speranze di continuare solo se sussiste un ingranaggio fiscale e previdenziale favorevole. Questo per i giovani! Per le professionalità più anziane,   converrebbe forse l’iscrizione al proprio albo di riferimento, tuttavia il praticantato per i diplomati ed il successivo esame di stato, quest’ultimo necessario anche per i laureati, ovviamente scoraggiano. Il risparmio economico in contribuzione sarebbe rilevante e l’accantonamento nella cassa di riferimento acquisirebbe maggiore garanzia di riscossione pensionistica. Probabilmente anche l’attitudine alla libera professione accrescerebbe. Molti periti si sentono più dipendenti che veri liberi professionisti. Lo si vede, lo si tocca nei ragionamenti! Nel libero mercato vale la regola che il cliente sceglie il fornitore al quale spetta riuscire di mantenere il committente. Esattamente come ognuno di noi decide se meglio andare in quel ristorante piuttosto che nell’altro. Noto che tra perito ed Assicuratore si parla concretamente poco di contribuzioni obbligatorie: per il confronto.  Oggi, le contribuzioni  sono percentualmente superiori per il perito non iscritto ad albo e che versa alla gestione separata dell’Inps rispetto a quelle trattenute al lavoratore dipendente di Compagnia. Parliamoci, lavoriamo insieme e facciamoci reciprocamente i conti in tasca se questo dovesse mai servire per meglio comprendere le aspettative di ciascuno. Solo con tutta la filiera liquidativa congruamente gratificata si potrà pensare di raggiungere la soddisfazione del cliente.

                                                                                                        Marco RUGGI