Da tempo ormai con il prezioso supporto dell’Avv. Marina Landoni del foro di Busto Arsizio che ringrazio per l’insegnamento dato, tratto sinistri di RC con spiccato risvolto all’aspetto legale: cosa succede dopo che un fiduciario trasmette il proprio elaborato alla mandante? Prendendo spunto da uno dei tanti casi visti per analizzarlo in ogni singolo aspetto sviscerandone le problematiche: Da un punto di vista tecnico, Innanzitutto si fa presente che l’infortunato stava lavorando nel cantiere in qualità di subappalto con un contratto di “cottimo”, sottoscritto in data 0.00.0000, con la ditta XXXCostruzioni Edili, relativamente a lavori di carpenteria in generale. Nello stesso contratto si legge all’art.1111 “il subappaltatore dovrà curare l’attuazione, sotto la propria esclusiva responsabilità, di tutti i provvedimenti e le condizioni atti a evitare infortuni… Ed a tali attuazioni dovrà provvedere di sua iniziativa, escluso ogni intervento o suggerimento da parte dell’impresa. Quest’ultima resterà, pertanto, indenne da qualsiasi responsabilità relativa alla sicurezza del lavoro commesso in subappalto, che farà capo, quindi, al solo subappaltatore, in quanto assuntore di un lavoro richiedente l’impiego di particolari tecniche e il possesso di specialistiche capacità”…. Circa il materiale usato dal Danneggiato si può dire che veniva fornito dalla ditta di XXXCostruzioni Edili. Ed anche il dispositivo di protezione per il lavoro sul tetto, che veniva però messo in opera dallo stesso artigiano. Cosa accadde: qualche giorno prima dell’incidente era stato rimosso il ponteggio intorno alla casa per fare i lavori di fognatura. Per proseguire però i lavori di orditura in legno del tetto, al fine di operare in sicurezza, il lavoratore infortunato insieme ad altro artigiano, installavano un parapetto costituito da un dispositivo “guardacorpo”. (attrezzo costituito da aste metalliche da fissare alle travi in legno sporgenti dal cornicione e sulle quali sistemare, orizzontalmente, le tavole in legno in modo da formare il parapetto) (il manuale prescrive che la distanza tra le staffe non deve essere superiore a cm 140 e le assi di protezione dello spessore di cm.2,5 altezza cm20). Nella realtà dei fatti invece le stesse non avevano le dimensioni previste dal manuale: esse misuravano 12,5 cm di altezza e 2 cm di spessore. Durante il sinistro, le tavole posizionate a metà e quella inferiore, a seguito dell’urto si spezzavano ed il lavoratore cadeva nel vuoto. Interessanti, a tal proposito, sono le Aziende XXX del Sig. XXX YYY, l’altro artigiano che lavorava quella mattina insieme all’infortunato, dove dichiarava di non essere a conoscenza del manuale di utilizzo dei “guardacorpi” in cantiere. Riferiva altresì che nella costruzione della protezione anticaduta, veniva rispettata la distanza fra l’interasse massimo di 140cm stabilito nel manuale come distanza fra i vari staffoni metallici, ad eccezione fatta per il punto di sfondamento, perché era presente una trave del tetto che ne avrebbe ostacolato l’ammorsamento (affermazione quest’ultima che come giustamente si legge dalla relazione fatta dal dirigente del UPG, sig. XXX QQQ, guardando i rilievi fotografici , vi era la possibilità di piazzare i “guardacorpo” con l’interasse tra loro anche ad una distanza inferiore ai 140cm, aumentando così la resistenza). C’è però anche da dire, nel nostro caso di specie, che non è in alcun modo dimostrato, vista la dinamica del sinistro, che spezzandosi la cinghia delle tavole che stavano per essere posizionate sul tetto, il violento impatto, pur essendoci la giusta protezione, investiva l’infortunato che spezzava il parapetto precipitando nel vuoto, come poi accadde quel giorno. In ogni caso rimane la violazione del DPR 164/1956 art.7 “idoneità delle opere provvisionali” in quanto la ditta appaltatrice aveva fornito per la formazione dei parapetti delle tavole non proporzionate né idonee avevano uno spessore di 2cm anziché quello minimo richiesto di cm2,5 e una altezza di cm 12,5 anziché cm20 nonché per non aver fornito alcuna indicazione circa il corretto montaggio dei parapetti , né verificato che i parapetti fossero montati a regola d’arte”. ►Questo è poi il capo di imputazione del procedimento che si è instaurato contro il l’amministratore della ditta XXXCostruzioni Edili, XXX WWW, che si è poi concluso con una condanna dello stesso, in quanto, nonostante il comportamento non irreprensibile dell’infortunato, il Giudice ha rilevato che l’artigiano non lavorava in autonomia organizzativa e di mezzi, per cui lo XXX WWW poteva considerarsi il datore di lavoro e suo responsabile (affermazione quest’ultima, che la presente scrivente, alla luce della copiosa giurisprudenza che di seguito è allegata, non condivide appieno). Da un punto di vista giuridico vedendo il caso di specie e alla luce solo di quanto è possibile rilevare dai documenti di causa si può osservare: Innanzitutto prendiamo in considerazione quanto prevede l’art. 2087 c.c. e precisamente: se si verifica un infortunio sul lavoro bisogna sempre andare a verificare se il datore di lavoro abbia adottato tutte le necessarie misure di sicurezza nonché informato e addestrato i propri dipendenti di tutti i possibili rischi che il lavoro che andranno ad eseguire comporti. Pertanto ci dobbiamo sempre riallacciare a quanto previsto dall’art. 2087c.c. che statuisce che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio della impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. In forza dell’articolo sopra menzionato e delle norme specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante della incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con la conseguenza che, nella ipotesi in cui il datore non dovesse ottemperare agli obblighi di tutela, l’evento lesivo gli verrebbe imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall’articolo 40, secondo comma, del codice penale. Il datore di lavoro dovrà accertarsi, pertanto, che l’ambiente di lavoro abbia tutti i requisiti di affidabilità e legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore (cfr. Cass. Sez un. sent. 5 del 11/3/1999 rv. 212577). Le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro hanno la funzione primaria di evitare che si verifichino eventi lesivi della incolumità fisica, connaturati in modo intrinseco all’esercizio di alcune attività lavorative. Solamente nella ipotesi in cui il lavoratore ponga in essere una condotta inopinabile, esorbitante dal procedimento di lavoro cui è addetto, ed incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche, è configurabile la colpa dell’infortunato nella produzione dell’evento, con esclusione, in tutto o in parte, della responsabilità penale del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze (cfr. Cass. Sez. 4 sent. 9568 del 14/9/1991 rv. 188202). La Suprema Corte di Cassazione, sezione penale, è intervenuta nuovamente sull’articolo 2087 del codice civile sancendo, con la sentenza 10109/2007, che il datore di lavoro ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici, nonché del fatto che ogni prestatore di lavoro, presti la propria attività in condizione di sicurezza, vigilando che le norme in tal senso siano rispettate. La decisione della Suprema Corte, deve essere inserita nel complessivo quadro concernente gli infortuni sul lavoro e le responsabilità del datore di lavoro, il quale ha l’obbligo, pertanto, di garantire l’incolumità, sia fisica che psicologica, di tutto il personale. Secondo i giudici di legittimità l’obbligo posto a carico del datore di lavoro, rappresenta una immediata conseguenza della posizione di garanzia che il datore di lavoro assume nei confronti del lavoratore, in relazione all’obbligo di garantire condizioni di lavoro sicure, tale che non possa escludersi una responsabilità colposa del datore stesso, allorquando egli non abbia assicurato tali condizioni. Questo in quanto, al di là dell’obbligo di rispettare tali prescrizioni, sussiste in capo al datore di lavoro anche quello di agire in ogni caso con la diligenza, la prudenza e l’accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi un nocumento a terze persone. Ora vediamo cosa prevede la giurisprudenza in materia di infortunio nei casi di appalto e subappalto: Quando un contratto di appalto con un artigiano nasconda in realtà una sostanziale fornitura di mano d’opera da parte di quest’ultimo (privo di qualsiasi autonomia organizzativa, tenuto a rispettare i programmi dell’appaltante, e munito solo di attrezzature minute, retribuito a cottimo, in base al lavoro eseguito), deve ritenersi che gli obblighi di sicurezza rimangono a carico della ditta appaltante, dovendosi lo pseudo-artigiano considerarsi, al pari degli operai da lui reclutati, come dipendente della stessa. Se l’infortunio aveva molte probabilità di verificarsi nonostante la predisposizione di adeguata vigilanza dell’attività lavorativa degli operai da parte dell’impresa appaltante – nel caso di specie non attuata – deve essere assolto il legale rappresentante di quest’ultima, in mancanza di un nesso di causalità tra condotta colposa ed evento di danno. Pretura Milano, 23 settembre 1983. LS 30 giugno 1965 n. 1124 art. 10 D.P.R. LS 30 giugno 1965 n. 1124 art. 11 D.P.R. Previdenza ed assistenza (assicurazioni sociali) – Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali – Responsabilità del datore di lavoro o dei terzi – Rivalsa dell’ente assicuratore – Azione di regresso per le prestazioni erogate – Legittimazione passiva del subappaltatore – Sussistenza – Mera esecuzione di disposizioni dell’appaltatore – Responsabilità del subappaltatore – Esclusione. Il subappaltatore, anche se attua lavori precedentemente appaltati ad altri, assume con l’autonoma gestione del lavoro la piena responsabilità di quanto si svolge nel luogo di lavoro, e pertanto risponde del danno causato a suoi dipendenti da fatti materialmente effettuati da terzi; l’eventuale ingerenza dell’appaltatore nel luogo di lavoro dell’impresa subappaltante esclude la responsabilità del subappaltatore soltanto se questi divenga un suo mero esecutore. Ne consegue che l’azione di rivalsa che l’Inail può esercitare in relazione alle prestazioni erogate all’infortunato legittimamente si indirizza nei confronti del subappaltatore. Cassazione civile , sez. lav., 15 ottobre 2007, n. 21540 La suddetta sentenza della Cassazione penale n. 21471 del 20 aprile 2006 – depositata il 21 giugno 2006, si inserisce in un ampio filone giurisprudenziale, in base al quale nel caso in cui un’impresa appaltatrice si avvalga di altra ditta per l’esecuzione in subappalto di opere parziali nel proprio cantiere, vi è concorso di responsabilità tra l’appaltatore e il subappaltatore in ordine alla incolumità dei lavoratori che operano nel cantiere, quale che sia il datore di lavoro da cui dipendono. Si tratta della delicata questione relativa alla sicurezza dei luoghi di lavoro mediante l’esatta osservanza delle norme antinfortunistiche tese alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. Nel caso di esecuzione di lavori in subappalto, all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, secondo un consolidato indirizzo confermato da questa ultima decisione, gli obblighi di osservanza gravano su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica. Pure il titolare dell’impresa subappaltatrice ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, anche se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali. Ed ancora un estratto della sentenza dove chiaramente evidenzia come all’interno del cantieri la responsabilità viene ripartita tra appaltatore e subappaltatore il quale non sfugge ai propri obblighi ed eventuali clausole di trasferimento di rischio e responsabilità tra i due, appaltatore e subappaltatore,non possono avere rilevanza operativa, trattandosi di norme di diritto pubblico che non possono essere derogate da determinazioni pattizie. …“Dai giudici della Cassazione, il mancato accoglimento del ricorso viene fondato sul fatto che ai sensi dell’art. 4 D.P.R. n. 547/1995 e, quanto ai lavori nelle costruzioni, del combinato disposto degli artt. 1 e 3 D.P.R. n. 164/1956, all’obbligo della osservanza delle norme di legge sono tenuti tutti coloro che esercitano tali lavori, “quindi anche il subappaltatore, che ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, ancorché la sua attività si svolga concomitantemente ad altra, prestata da altri soggetti: né egli può esimersi da responsabilità facendo affidamento sull’opera preventiva di questi ultimi”. Gli stessi giudici precisano che “in tema di rapporto di causalità, difatti, non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per aver violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte, confidando che altri rimuova quella situazione di pericolo o adotti comportamenti idonei a prevenirlo: in tal caso, difatti, l’omessa attivazione del terzo o la mancata attuazione di idonei comportamenti da parte del lavoratore tutelato dalla posizione di garanzia non si configurano affatto come fatto eccezionale ed imprevedibile, sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l’evento, e questo avrà, semmai, più antecedenti causali, dovuti all’inerzia di quanti avrebbero, tutti, dovuto attivarsi e non si siano attivati”. Richiamando la precedente giurisprudenza della stessa IV sezione, stabiliscono che nel caso di subappalto di lavori, ove questi si svolgano nello stesso cantiere predisposto dall’appaltatore, che rimane investito dei poteri direttivi generali inerenti alla propria qualità, “sussiste la responsabilità di entrambi tali soggetti in relazione agli obblighi della predisposizione delle misure antinfortunistiche, della loro osservanza e dovuta sorveglianza al riguardo (cfr., da ultimo, Cass., Sez. IV, n.32943/2004; id., Sez. IV, n.. 2748/1998; id., Sez. IV, n. 12652/1988; per un risalente caso di specie, in tema di lesioni patite da un lavoratore dipendente da altro imprenditore che aveva assunto in subappalto l’obbligo di tinteggiare il fabbricato, cfr. Cass., Sez. IV, n. 8321/1981)”. Infine aggiungono che “in siffatte situazioni, neppure eventuali clausole di trasferimento di rischio e responsabilità tra i due, appaltatore e subappaltatore, possono avere rilevanza operativa, trattandosi di norme di diritto pubblico che non possono essere derogate da determinazioni pattizie (cfr. Cass., Sez. IV, n. 14429/1990)”. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con specifico riferimento all’esecuzione di lavori in subappalto all’interno di un unico cantiere edile predisposto dall’appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, che ha l’onere di riscontrare ed accertare la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti, e sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere titolare dei poteri direttivi generali. Cassazione penale , sez. IV, 20 aprile 2006, n. 21471 LS 27 aprile 1955 n. 547 art. 4 D.P.R. LS 19 settembre 1994 n. 626 art. 1 D.LG. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in caso di subappalto dei lavori, ove questi si svolgano nello stesso cantiere predisposto dall’appaltatore, in esso inserendosi anche l’attività del subappaltatore per l’esecuzione di un’opera parziale e specialistica, e non venendo meno l’ingerenza dell’appaltatore e la diretta riconducibilità (quanto meno anche) a lui dell’organizzazione del (comune) cantiere (non cessando egli di essere investito dei poteri direttivi generali inerenti alla propria predetta qualità), sussiste la responsabilità di entrambi tali soggetti in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla loro osservanza e alla dovuta sorveglianza al riguardo. Una esclusione di responsabilità dell’appaltatore è configurabile, invece, solo nel caso in cui al subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorché determinati e circoscritti, che, però, svolga in piena e assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all’appaltatore, non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell’appaltatore dall’organizzazione del cantiere (la Corte ha altresì precisato che, nella ricorrenza delle anzidette condizioni, trattandosi di norme di diritto pubblico che non possono essere derogate da determinazioni pattizie, non potrebbero avere rilevanza operativa, per escludere la responsabilità dell’appaltatore, neppure eventuali clausole di trasferimento del rischio e della responsabilità -, intercorse tra questi e il subappaltatore). Cassazione penale , sez. IV, 15 dicembre 2005, n. 5977 Codice Civile (1942) art. 1655 Codice Civile (1942) art. 1656 Codice Civile (1942) art. 2043 Codice Civile (1942) art. 2049 L’imprenditore che prende in subappalto lo svolgimento di un determinato servizio o il compimento di una determinata opera assume tutte le obbligazioni che facevano capo all’appaltatore, tra le quali quelle di porre in essere tutte le cautele indispensabili per evitare infortuni sul lavoro, e nel caso che essi si verifichino ne risponderà direttamente nei confronti dei propri dipendenti, non potendo pretendere di essere tenuto indenne dall’appaltatore sub- committente, salvo le ipotesi eccezionali di violazione, da parte del sub- committente, del principio del “neminem laedere”, o di una sua responsabilità per colpa per aver affidato l’opera ad impresa che palesemente difettava delle necessarie capacità tecniche ed amministrative per eseguirla correttamente, o anche quando il subappaltatore, in base ai patti contrattuali o nel concreto svolgimento del rapporto, sia stato un semplice esecutore di ordini del subcommittente, privato della sua autonomia organizzativa a tal punto da risultare un “nudus minister” di questi, o infine quando il sub-committente si sia di fatto ingerito con singole, specifiche direttive nella esecuzione del contratto o abbia concordato con il subappaltatore singole fasi o modalità esecutive dell’appalto. Cassazione civile, sez. III, 06 agosto 2004, n. 15185 LS 27 aprile 1955 n. 547 art. 4 D.P.R. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni il subappalto parziale di lavori implicanti la loro esecuzione nello stesso cantiere di lavoro, senza che venga meno l’ingerenza dell’appaltante di essi, da un canto non comporta estromissione dai poteri, e quindi dai doveri, attinenti all’organizzazione generale del cantiere, dall’altro implica che il subappaltatore sia tenuto a sua volta a vigilare acché le misure di prevenzione siano rigorosamente adottate nell’ambito dell’attività di cui è responsabile. In tale contesto, quindi, qualora si verifichi un infortunio, ne rispondono sia l’appaltatore sia il subappaltatore. Cassazione penale, sez. IV, 23 gennaio 1998, n. 2748 Ed ancora: In caso di subappalto di lavori è configurabile una esclusione di responsabilità dell’appaltatore solo nel caso in cui al subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori, ancorché determinati e circoscritti, che, però svolga in piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale rispetto all’appaltatore, non nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda ogni estromissione dell’appaltatore dall’organizzazione del cantiere (la corte ha altresì precisato che, nella ricorrenza delle anzidette condizioni, potrebbero avere rilevanza operativa, per escludere la responsabilità dell’appaltatore, neppure eventuali clausole di trasferimento del rischio e della responsabilità intercorse fra questi e il subappaltatore) Cass. Pen, IV, 15.12.2005, 5977. LS 27.04.1955 n.547 art.27 DPR In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’imprenditore principale, il quale si è avvalso di altra impresa per realizzare l’opera in cooperazione, ha sempre il dovere di provvedere alle misure a tutela dei lavoratori. L’obbligo di adottare le misure di prevenzione grava pure sul subappaltatore o sul co-appaltatore, il quale svolta l’attività con pari autonomia, specialmente quando non vi è stata permanenza del rischio soltanto a carico della prima impresa, non vi è stata specifica ed analitica ripartizione dei compiti e non è intervenuta formale e comprovata delega dell’uno all’altro rappresentante per la realizzazione di quelle misure antinfortunistiche che la legge esige siano adottate in ogni caso. Cass. Pen. sez. IV, 2 dic.1993 In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, risponde dell’infortunio verificatosi l’imprenditore principale, che si avvalga di altra impresa per l’esecuzione di opere accessorie e specifiche e non abbia mai cessato di essere investito dei poteri direttivi generali, inerenti la propria qualità. In simili ipotesi, l’imprenditore suindicato non è esentato dal dovere di provvedere alle misure di tutela dei lavoratori, dovere che sussiste in particolare quando il subappaltatore non ha autonomia organizzativa assoluta e si avvale delle attrezzature e dei mezzi già predisposti per realizzare l’opera principale. Tuttavia, il subappaltatore che non abbia autonomia tecnica e si avvalga delle attrezzature del cantiere in precedenza predisposte, è tenuto a vigilare affinché le misure apprestate siano rigorosamente adottate nell’ambito dei lavori di cui è responsabile. Ne consegue che, data la rigidità degli obblighi imposti per legge, sono punibili, qualora si verifichi un infortunio, sia l’imprenditore che l’appaltatore, una volta accertato che l’evento sia derivato da inosservanza di norme di legge e di comune prudenza da parte dei suddetti soggetti. Cass. Pen. Sez. IV,29.11.1988. Alla luce di quanto premesso, -rilevata l’esistenza di un “contratto a cottimo” fra la società assicurata “XXXCostruzioni Edili” e l’infortunato, Sig. XXX -rilevato che vi è sentenza penale di condanna nei confronti dell’amministratore della società XXXCostruzioni Edili – rilevato che la Compagnia Assicurativa ha già provveduto a corrispondere all’infortunato il risarcimento per i danni morali – rilevato altresì che l’ispettorato del lavoro ha ravvisato la mancanza delle giuste misure di sicurezza per la prevenzioni degli infortuni (violazione del DPR 164/1956 art.7) – rilevato altresì che la giurisprudenza maggioritaria nel nostro caso di specie, prevede che, all’interno dello stesso cantiere, sussiste nei confronti dell’appaltatore e del subappaltatore la medesima responsabilità in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla loro osservanza e alla dovuta sorveglianza al riguardo è ascrivibile in capo alla società XXXCostruzioni Edili giustamente una responsabilità per non aver adottato le giuste misure di sicurezza e non aver vigilato in cantiere affinché le imprese presenti in loco lavorassero in sicurezza, però non è esente da responsabilità anche lo stesso infortunato Sig. XXX YYY , artigiano autonomo , capo della sua stessa impresa, che doveva lavorare con diligenza ed accortezza e a sua volta porre in essere tutte le cautele indispensabili per evitare infortuni sul lavoro, e nel caso del verificarsi di essi ne avrebbe dovuto rispondere direttamente e/o nei confronti dei propri dipendenti. Si può quindi parlare giustamente di una corresponsabilità fra le due imprese.

A cura di: Geom. Nico Taccone – Avv. Marina Landoni