di Alberto Bianchi
Da sempre si discute delle caratteristiche peculiari della figura del Perito Assicurativo.
Chi lo vede come un tecnico di elevata preparazione e chi sostiene che debba essere “un po’ istrione”, come il nostro Direttore dell’Osservatorio On Line, enfatizzando il ruolo di negoziatore e di interlocutore delle parti.
Ritrovando per caso un vecchio numero della rivista del Collegio Lombardo Periti, Esperti e Consulenti dell’amico Gino Timo, vi ho trovato una definizione di Perito Assicurativo che non conoscevo e che mi sembra ben disegni i tratti della nostra professione.
Si tratta di un numero piuttosto datato della rivista, il cui tema principale è l’imminente introduzione dell’Assicurazione obbligatoria sugli autoveicoli (L. 990 del 24/12/1969!): un piccolo spazio della pubblicazione è, però, dedicata al perito dei rami elementari.
Benché siano passati parecchi anni, questo ritratto della nostra professione sembra ancora attualissimo e tutti noi, che facciamo una gran fatica a spiegare la natura del nostro lavoro a chi non conosce bene il mondo assicurativo, dovremmo averla ben presente.
La definizione è in realtà riportata nel volume “Le Compagnie di Assicurazione (queste sconosciute…)”, a firma di Luigi Galanti: chi lo volesse consultare, lo troverà sugli scaffali della Biblioteca Alfonso Desiata presso la sede di Assit.
Dice il Galanti, in primo luogo che il perito è un “personaggio”, non un semplice professionista.
Mi sembra che già questo termine riassuma tutta la complessità della figura del perito, che deve sì possedere capacità tecniche e qualità relazionali, ma deve soprattutto avere una spiccata personalità; proprio perché il suo ruolo è “assai importante”, il perito deve saper imporre la sua personalità e governare evidentemente con essa la perizia: il “personaggio” ha l’autorevolezza per poter colloquiare e confrontarsi con professionisti di alto livello, imprenditori, specialisti dei campi più disparati ma anche con persone di dubbia correttezza e, talvolta, veri e propri truffatori.
Il Galanti riporta, poi, un’elencazione delle qualità del perito, che deve essere “persona la cui preparazione tecnica e perfetta conoscenza anche sotto il profilo assicurativo, siano fuori discussione”: il perito deve quindi conoscere e saper applicare la polizza alla perfezione (chissà se quando è stata scritta questa definizione era più facile di adesso!).
Quindi, il “compito interpretativo della polizza è di gran lunga il più importante di tutti”.
Oggi, come allora, le Compagnie di Assicurazioni forniscono le loro interpretazioni (indubbiamente autorevoli in quanto autentiche) ma l’applicazione del contratto nel caso concreto di un sinistro rimane la prima difficoltà di un perito.
Solo successivamente si parla della capacità di “attribuire al danno subito il giusto valore, applicando con perfetta equità le condizioni contrattuali”, cioè delle capacità estimative e liquidative.
Ma l’autore ha ben compreso che il ruolo del perito non è strettamente tecnico e, infatti, precisa che il perito “deve renderne persuaso l’assicurato o l’avente diritto e/o i loro rappresentanti”.
E’ qui la distinzione tra il bravo tecnico e il buon perito, nella capacità di saper convincere l’Assicurato o il danneggiato della correttezza della liquidazione; il perito deve, quindi, unire alla capacità tecnica, la capacità di creare una relazione con i propri interlocutori, di riuscire a soddisfare le attese di assicurati e danneggiati o di far comprendere i motivi per i quali non possono essere pienamente soddisfatte, per i limiti della copertura assicurativa o per l’infondatezza delle pretese.
La capacità di trattare con i propri interlocutori ha, quindi, da sempre caratterizzato il lavoro peritale, tanto quanto il possesso di un bagaglio esteso di conoscenze tecniche e tecnico-assicurative: il tutto governato da una forte personalità, tale da poter affrontare i “campi più disparati, dalle lancette di orologio, alle pellicce, alle locomotive, alle industrie e alle cose più eterogenee.”: leggendo l’elencazione, mi è venuto da sorridere, come penso sia capitato a molti altri lettori. Poi ho pensato ad alcuni casi della mia storia peritale: il furto di pezzi di ricambio in un laboratorio di riparazione di orologi di altissima gamma, l’allagamento di un caveau di pellicceria e lo sfondamento di una porta di un vagone ferroviario: “caspita – mi sono detto – ce le ho tutte!”: ma sono convinto che ciascun collega abbia una gamma di casi trattati vastissima, che vada dal danno alle fragole a quello all’installazione artistica passando da una macchina da stampa.
Le qualità che sono state delineate da Galanti, contraddistinguono, dunque, ancora il perito di oggi, come quello degli anni sessanta. E domani? Sarà ancora attuale questa definizione di perito?
Galanti forse non pensava che un giorno il perito avrebbe dovuto governare anche muratori ed idraulici, benché già avesse ben presente l’esigenza per il perito di avvalersi di specialisti per portare a termine il proprio mandato nel migliore dei modi.
Io credo, però, che nella liquidazione dei sinistri troveranno sempre spazio i “personaggi” che sappiano coniugare elevata preparazione tecnica e notevoli capacità relazionali: chissà se bisognerà imparare ad usare anche martello e scalpello!
Luigi Galanti
Le Compagnie d’assicurazione (…queste sconosciute)
Con un dizionario pratico dei termini tecnici e del gergo assicurativo
L’Assicurazione Italiana – Editrice Milano
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