di Cesare Biscozzi
Valutare e liquidare un sinistro Furto è già di per sé problematico, poiché ci si trova a stimare oggetti che non ci sono più, quindi ci si basa esclusivamente su documentazioni le più disparate che vanno da fatture, scontrini fiscali, fotografie e altra attestazione similare per cercare di restituire una “fisicità” a qualcosa che è stata sottratta.
Per i preziosi oltretutto ci si trova a dovere stimare oggetti per i quali raramente ci sono i pesi, le carature o le caratteristiche intrinseche del gioiello, si deve quindi ricorrere ad una esperienza personale per potere indicare un valore adeguato a fronte di denunce e richieste che risultano a volte “dissonanti” in confronto al tenore di vita o all’aspetto del contenuto rimasto dopo il sinistro.
Oltre a questo ci si trova ad interpretare le solite “definizioni” di Polizza, che a volte creano più dubbi che certezze.
Come sempre incominciamo con l’analisi delle definizioni per meglio comprendere l’applicazione del contratto
La “vecchia definizione ANIA”, della tariffa non più in uso, riportava:
“Gioielli e preziosi (oggetti d’oro o di platino o montati su detti metalli, pietre preziose e perle naturali e di coltura) per uso domestico o personale, orologi in metallo prezioso, carte valori e titoli di credito in genere, escluso denaro:
inoltre si esplicitava se tali oggetti fossero:
ovunque posti: limite di somma assicurabile Euro 15.000,00
nei mezzi di custodia previsti dalla tariffa «Valori».”
Vi era un limite massimo in somma assicurabile per i “gioielli e preziosi” ovunque posti, mentre per quelli in mezzi di custodia valevano le limitazioni indicate e relative alla singola cassaforte ove erano riposti gli oggetti. Non essendo nominati era implicito che gli orologi in solo acciaio, qualunque fosse il loro valore, si consideravano contenuto.
Con l’evoluzione dei tempi le polizze hanno subito molti arrangiamenti o miglioramenti, le definizioni si sono modificate ma sostanzialmente per quanto attiene ai “Gioielli e Preziosi” quasi tutte le Compagnie riportano ancora la definizione che non si discosta dall’originaria Ania, tranne che nelle continue evoluzioni si è persa, la dicitura “orologi di metallo prezioso” e le limitazioni in somma assicurabile:
“Preziosi Gioielli e preziosi: oggetti d’oro o di platino o montati su detti metalli, pietre preziose, perle naturali o di coltura, corallo, pietre dure o artificiali o sintetiche se montate su metallo prezioso, per uso domestico o personale”.
Per meglio interpretare la definizione riporto ciò che gli addetti del settore affermano in questi casi cioè:
…“per oreficeria si intende un oggetto di metallo prezioso, mentre per la gioielleria sono previsti o una lavorazione decisamente importante rispetto al valore del metallo o il montaggio, su di esso, di pietre preziose o perle il cui valore sia preponderante”.
Quindi anche questa esplicitazione conferma che gli orologi in oro o altri metalli preziosi sono da considerarsi come “Preziosi”, mentre quelli in acciaio o altro materiale non prezioso sono sempre da considerarsi Contenuto.
Attualmente leggendo alcuni contratti ho rilevato che vi sono Compagnie che hanno modificato tale definizione aggiungendo:
- … orologi, oggetti di ornamento preziosi od artistici, e quant’altro di affine.
oppure
- argento, orologi, oggetti di ornamento e quant’altro del genere inerente l’attività dell’assicurato
ovvero
- ..nonché orologi da polso o da taschino anche in metallo non prezioso con valore di mercato superiore a €. 000,00
Con l’introduzione del sostantivo “orologi” nella definizione di “Preziosi”, la portata di ciò che è incluso e che devo liquidare è indiscutibile, comprendo tutti gli orologi non solo quelli in metallo prezioso, mentre per alcuni riporto un valore massimo solitamente coincidente con quello di mercato stimato per orologi di buon pregio.
Con questo chiarimento sostanziale, a mio parere corretto, vengono “scardinate” le vecchie indicazioni che erano pilastro nella liquidazione dei danni di Furto di alcuni anni fa, che era quello di considerare tra i Preziosi solo gli “orologi in metallo prezioso” quindi solo quelli che avessero nei meccanismi, bracciale o cassa o altri elementi in metallo prezioso.
La motivazione nella redazione della definizione Ania, ai tempi, fu di considerare altamente appetibili e quindi maggiormente soggetti a furto oggetti di poco volume ma di alto valore, come l’oreficeria e la gioielleria, mentre risultavano scarsamente appetibili gli orologi generalmente in acciaio, oltretutto di modesto valore.
In questi ultimi anni stiamo invece assistendo ad un cambio nei termini dei fattori e dei valori. Nel caso di sinistro furto quasi sempre ci troviamo a dover stimare nella voce Contenuto degli Orologi in acciaio di valore a volte superiore a quello degli oggetti “Preziosi”.
Sarà il miglioramento della qualità e del tenore di vita o dell’aumentato reddito individuale, ma sempre più troviamo nelle denunce furti di orologi “Rolex”, il che si verifica con frequenza superiore a quanto ci si aspetterebbe in proporzione alle vendite, sebbene non si possa negarne un significativo successo come marca.
In contrapposizione a quanto espresso la tendenza del momento, da parte delle Compagnie Assicuratrici è quella di creare dei contratti Multirischi e Predefiniti che tendono a considerare il furto quasi come una garanzia accessoria dell’incendio. Inoltre chi li elabora, con l’intento di meglio aggredire il mercato, cerca di estendere il più possibile la portata delle garanzie a scapito a volte della qualità di quanto si deve assicurare. Solitamente vengono indicati dei limiti precisi per gli oggetti Preziosi ma non si pongono limiti per altri oggetti, proprio nel momento in cui è molto più facile imbattersi in sinistri dove il valore dei preziosi è di poche migliaia di Euro mentre quello degli orologi in acciaio supera abbondantemente € 5.000,00 di denunciato.
Quindi come sempre l’attenzione deve essere massima nella lettura delle definizioni per verificare se tra le voci elencate sono compresi o meno gli orologi in acciaio, poiché come già detto prima, oggi possedere un orologio di “marca” per valori che possono raggiungere i 3.500,00/4.000,00 Euro per singolo oggetto non è così remoto.
Purtroppo non sempre è possibile per il perito recuperare i certificati di garanzia o altra documentazione equipollente quindi per tutti gli orologi di pregio, il consiglio è di invitare l’Assicurato ad inviare alla casa madre, e per conoscenza all’Assicuratore, una comunicazione scritta, che faccia riferimento certo al prodotto, includendo ( se vi fosse ancora) copia della garanzia e della denuncia alle Autorità, dove si richiede di essere avvisati nel caso in cui l’effetto in questione transitasse attraverso i centri di riparazione autorizzati. Inoltre Rolex, da almeno 10 anni, vende i propri orologi con certificato a scheda elettronica dotato di microchip, dove la tracciabilità dell’oggetto risulta da una banca dati in possesso della Casa Madre che gli permette di stilare una “Black List” per il controllo sugli orologi rubati.
Caso ultimo capitato, nella denuncia veniva riportato il furto di orologi della famosa marca “Rolex” ma con la precisazione che erano “falsi originali” acquistati durante un viaggio ad Hong Kong e del valore di poche centinaia di Euro.
Capite bene che muoversi in questo modo è molto delicato risulta quindi sempre opportuno rendersi anche conto del contesto in cui ci si muove, utilizzando anche valutazioni soggettive su elementi quali il tenore di vita e l’aspetto del contenuto rimasto, affiancando elementi oggettivi quali :
…“contabilità di casa; scontrini di acquisto o di riparazione; fatture di acquisto matrici di assegni bancari ; certificati di garanzia ; manuali d’uso ; album fotografici ; contenitori (per preziosi) ; ricevute di prelievo bancomat; ricevute di deposito o pegno; documenti di successione ereditaria; expertise; dichiarazioni di vendita dei beni trafugati.. “
Non sempre troviamo tutti gli elementi oggettivi che ho elencato, discorso diverso per gli album fotografici, sono quasi sempre presenti nelle abitazioni e fungono anche da integrazione ad altri elementi. Non è infrequente che la moglie dell’Assicurato sia ripresa mentre indossa l’anello rubato, magari in occasione di una cerimonia o di una vacanza. E’ altresì probabile avere riscontri sull’argenteria, sui tappeti o sui quadri nelle foto scattate per un compleanno casalingo o per il pranzo di Natale.
A completamento di quanto esposto e ritenendo che possa essere utile a tutti, come strumento di valutazione di tutto ciò che è “Prezioso”, riporto stralcio di parte della monografia usata dal Geom. Roberto Queirolo per il corso Loss Advanced tenuto presso il Cineas, dove vengono riportati i materiali e le caratteristiche peculiari dei tre elementi fisici da tenere in considerazione: il metallo prezioso generalmente oro, le perle e le pietre preziose, fra cui la più comune e “desiderata” è sicuramente il diamante.
METALLO PREZIOSO – ORO
L’oro puro viene classificato numericamente con 999,9 ‰, in gergo quattro volte puro: è duttile, malleabile e, per avere una “struttura”, deve essere legato con un altro metallo, solitamente rame o argento nell’oro giallo, con preponderanza del primo metallo per l’oro rosso; l’oro bianco, invece, in natura non esiste, ma si ottiene sottoponendo l’oro giallo ad un trattamento con palladio rodiato.
Questa tecnica sostituisce quella più antica dell’oro cosiddetto doublé, o similoro, che consisteva nel rivestire il metallo con un sottile strato di argento.
L’oro si misura in titoli: i cosiddetti 24 carati corrispondono all’oro quattro volte puro, mentre i 18 carati corrispondono alle diciotto parti di oro e sei di lega, quindi a quello più comunemente chiamato oro 750 ‰.
Lo Stato italiano obbliga a dichiarare carature inferiori, perciò la tendenza del mercato è quella di non commercializzare tale tipologia di prodotti.
Occorre poi prestare attenzione al prezzo, in quanto le quotazioni sono espresse generalmente con riferimento all’oro puro: per l’oro con titolo 750, ad esempio, è necessario tener conto della seguente proporzione:
750 ‰ * quotazione oro puro
x = ——————————————————-
999,9 ‰
Questa formula viene riconosciuta come calo dell’oro; nella realtà, il fattore moltiplicatore 750 andrebbe sostituito da quattro cali “classici”: 760, 790, 800 e 825. Tali valori servono anche a sopperire al fenomeno della perdita di oro conseguente alla lavorazione.
Il calo 760 è normalmente utilizzato per le fedi nuziali, il valore 790 si riferisce al catename lavorato a macchina, mentre il calo 800 è un valore ibrido, utilizzato dai grossisti. Il calo 825 è quello classico della gioielleria, pertanto si può desumere che quanto più la lavorazione di un oggetto è complessa, tanto più è elevato, in termini numerici, il calo.
Alcune fatture solitamente illustrano le modalità con cui viene esposto quanto appena descritto, ma da ulteriori documenti si potrà notare che la tendenza attuale dei gioiellieri è quella di acquistare oggetti a prezzo “chiuso”.
Inoltre, occorre tener presente che il ricarico medio del gioielliere, in questi ultimi anni, si sta abbassando, sia per il già accennato ricorso alla vendita su catalogo, sia per l’ormai spietata concorrenza.
PERLE
Il 99% delle perle in circolazione è coltivato; la restante parte si riferisce alle perle naturali, cioè quelle che si trovano all’interno dell’ostrica pescata in mare.
Solamente esaminando ai raggi X la sezione di una perla è possibile distinguere con certezza quella naturale da una coltivata: la prima presenterà una forma a spirale, dalla quale, comunque, non è possibile determinare l’età, mentre la seconda presenterà un nucleo costituito da righe parallele, attorno al quale è visibile un sottile strato di materiale organico.
La perla coltivata, infatti, nasce dall’inserimento all’interno dell’ostrica perlifera di una sfera, normalmente ricavata dalla valva di un’altra ostrica: su questo nucleo, nell’arco di circa sei mesi, l’ostrica depositerà circa un millimetro di materiale organico, che è quello che comunemente viene definito perla.
Ne consegue che nelle perle coltivate la dimensione non è discriminante per l’età, ma viene determinata dal diametro del nucleo.
I maggiori produttori di perle a livello mondiale sono il Giappone e l’Australia: le perle giapponesi Akoja sono le più quotate e possono raggiungere i 10 mm. di diametro; le perle australiane hanno un diametro maggiore, in quanto il mollusco che le origina è più grande. La maggior quotazione delle perle giapponesi dipende dal fatto che, a detta degli esperti, esse sono dotate di una maggiore lucentezza.
Le famose perle nere, anch’esse di grosse dimensioni, sono chiamate tahitiane.
Il mollusco perlifero ad un certo punto perde la propria capacità di generare perle e viene considerato esausto, tuttavia gli si richiede un ultimo sforzo: sulla sua superficie esterna viene infatti incollato del talco, che l’ostrica ricopre, generando la perla cosiddetta mabé, riconoscibile in quanto di forma semisferica.
Occorre accennare, infine, alle perle artificiali, cioè quelle di Majorca e quelle parigine, realizzate con squame di merluzzo impastate con la resina.
Attualmente, il classico girocollo di perle è composto da un filo di perle coltivate del diametro di circa 7,5 mm., che abbiano tutte medesime caratteristiche di sfericità e oriente (lucentezza): la quotazione di mercato per questo oggetto può raggiungere anche € 6.000,00, esclusa la fermezza.
Lo stesso filo, composto da perle naturali, non avrebbe quotazione!
DIAMANTI
Per descrivere brevemente la pietra preziosa più desiderata, anche dai ladri, si può fare riferimento ai criteri che seguono:
Sul mercato esistono cataloghi di diamanti, altamente qualificati, che ne determinano le scale di valore, cui è necessario prestare molta attenzione.
Prendendo ad esempio, infatti, due diamanti taglio brillante con identiche caratteristiche di taglio, purezza e colore, quello con peso da un carato avrà un prezzo superiore del 70% circa rispetto a quello con caratura da 0,99.
In realtà, tale esempio non va considerato in termini assoluti, in quanto il prezzo si determina valutando tutti e quattro gli elementi insieme, ai quali i gemmologi sostengono vada aggiunta la fluorescenza, cioè la capacità della pietra di riflettere la luce se sottoposta a radiazioni con raggi ultravioletti.
Una pietra sarà pregiata quando avrà fluorescenza debole o assente, poiché ciò significa che è in grado di riflettere la luce, senza modificare il proprio colore.
La parte superiore del diamante, ovvero la parte visibile su un anello montato, è detta corona, mentre la parte inferiore, cioè quella incastonata, viene chiamata padiglione; la linea che le unisce viene definita cintura.
La bellezza del diamante, per i comuni mortali, sta nella sua capacità di riflettere la luce (sfavillio) e per ottenere tale effetto sono state fissate delle rigorose proporzioni matematiche tra le parti che compongono la pietra (v. Tolkowsky).
Spesso, si tende erroneamente a considerare sinonimi i termini “diamante” e “brillante”: il primo si riferisce al prezioso naturale, mentre il secondo, come rilevabile dalla tabella riportata nella pagina precedente, rappresenta solo una delle possibili forme di taglio.
Un gioielliere professionale, di norma, correda la pietra o l’anello su cui è montata la pietra di un certificato di analisi gemmologia, nel quale sono riportate sinteticamente tutte le caratteristiche di cui sopra.
Commenti recenti