di Cesare Biscozzi
Il mondo assicurativo sta cambiando, oggi le esigenze del mercato sono rivolte a nuovi profili professionali in grado di analizzare, comprendere e liquidare sinistri relativi a rischi ambientali o a danni indiretti, e tra questi spicca certamente il Cyber Risk, ovvero le perdite economico/finanziarie afferenti alla categoria dei Danni Informatici o al comparto delle garanzie di Responsabilità Civile, che è un argomento di cui tutti oggi parlano. Ad ogni incontro che si svolge tra tecnici di Compagnia o Periti, l’argomento di discussione è sempre relativo a tali problematiche. Qualunque corso di formazione venga proposto, da qualsiasi Ente sia erogato, non manca mai di una parte dedicata alla garanzia Cyber Risk.
Immagino che anche a voi sia capitato di ricevere e-mail da vari Enti di Formazione che sponsorizzano corsi di “importanza vitale” relativi a tali danni.
Discutere in ambito assicurativo su come affrontare i danni ambientali in modo sempre più efficiente è ovviamente fondamentale, soprattutto viste le evoluzioni climatiche, gli sconvolgimenti tellurici o gli inquinamenti del terreno capitati negli ultimi anni, e lo stesso vale per i danni indiretti, poiché sono danni che non riguardano direttamente la materialità delle cose assicurate ma colpiscono economicamente le aziende che subiscono un sinistro, coperture che tra l’altro non vengono proposte in modo adeguato. Altro discorso è quello rappresentato dalla Cyber Risk, una tipologia di sinistro che sta certamente aumentando negli anni, ma la cui liquidazione nella realtà è gestita da pochissimi Periti.
Quando facevo parte dell’ufficio Furto di R.A.S., oggi Allianz, gestivamo tra l’altro le polizze B.B.B., primi contratti dove tutto o quasi era previsto. Negli anni ‘90, con l’avvento e l’evoluzione dei primi elaboratori di dati, cominciarono ad essere denunciati i danni relativi a Furti inerenti a prelievi fraudolenti effettuati attraverso l’utilizzo degli elaboratori meccanografici, embrioni dei futuri Personal Computer. Così come prevedeva il contratto, il tutto poteva essere ricompreso, a seconda dei casi, nella Sezione Infedeltà o nella Sezione Frode attraverso sistemi di Elaborazione. Si incominciò a pensare che forse questo genere di sinistri avrebbero potuto creare dei seri problemi e a seguito di ciò, per evitare successivi danni ingenti, venne costituita una Commissione apposita in ANIA che con l’aiuto di Professori Universitari, tecnici esperti di elaboratori dati, congegnò le prime polizze che prevedessero una copertura specifica relativa a tali danni, effettuati tramite il trasferimento di denaro virtuale attraverso i sistemi di Elaborazione Dati. Vennero così formulate le prime polizze C.C.C., Contratto Computer Crime, ma data la complessità dell’analisi dei sinistri gli stessi dovevano essere gestiti direttamente dall’ufficio Furto, unico emittente della Polizza, con la collaborazione dell’ufficio Sinistri. Ai Periti di allora non veniva data la possibilità di partecipare alle valutazioni di queste “nuove” tipologie di danni e sinistri. Oggi mi chiedo quanti Periti, pur avendo seguito corsi di formazione anche di grado superiore, sarebbero in grado di gestire danni inerenti ad un sinistro Cyber Risk.
Ad ogni modo, per mia esperienza personale, non credo che tematiche così complesse possano capitare in grande numero a voi giovani Periti, al contrario sono convinto che i casi più numerosi siano come in passato legati ai cosiddetti sinistri marginali. Ritengo che la maggior parte dei sinistri che sarete chiamati a gestire siano quelli legati alla “Globale Fabbricati”, da sempre un cavallo di battaglia del comparto assuntivo. Copertura assicurativa che copre una gran parte dei sinistri che una Compagnia possa subire. Questo perché? Ovviamente perché ogni Compagnia che voglia fare portafoglio e utili si deve rifare a coperture assicurative rivolte al settore Retail, la cosiddetta Linea Persone. Tant’è vero che ultimamente per meglio soddisfare le esigenze degli eventuali sinistri che ne possano derivare, ogni Compagnia ha creato nuove tipologie di indennizzo in forma specifica o di video-perizie, ciò per meglio soddisfare le richieste della clientela, riducendo o eliminando con questo sistema le eventuali franchigie che la Polizza prevederebbe, e con una conseguente liquidazione del danno sempre più veloce e attinente alle esigenze del proprio cliente.
Quando rifletto su queste nuove tematiche assicurative, di cui tutti parlano in questo momento, mi sento obsoleto, mi dico che questo non è più il mio mondo, e che le tecniche assicurative alle quali ero legato da sempre, per esperienza e consapevolezza dovuta ad anni trascorsi in ambito tecnico, non abbiano più uno scopo viste le nuove dinamiche che sta prendendo il mondo assicurativo. Poi un giovane Perito mi sottopone un quesito, verifico allora il contratto e riscontro che effettivamente sì tutto è cambiato, ma forse in peggio.
Solitamente quando si predisponeva un contratto, fatti salvi gli interessi della Compagnia, con clausole ad hoc si cercava di evitare eventuali problemi in ambito liquidativo, proponendo clausole, anche estensive, che comunque non creassero problemi di dubbia interpretazione da parte del Perito o del Liquidatore che avrebbe gestito la pratica. Quando fu pensata la clausola relativa ai “Mezzi di chiusura” si cercò di prevedere volutamente termini generici, quali “robusti”, “idonei congegni” oppure “chiusi con serrature”, senza chiedere la riferma delle serrature stesse. Essenziale era poi verificare l’eventuale “scasso” o la “manomissione” del serramento o del congegno di chiusura. Nel contratto che mi è stato sottoposto la condizione richiesta era di un cancello chiuso con cancelli e/o porte in legno dotati di serrature “antisfondamento” e “antistrappo”, pena la decadenza dall’indennizzo.
Serrature antisfondamento o antistrappo? Meraviglia, ho verificato ed esistono! Sono le serrature a profilo Europeo di sicurezza, con cinque cilindri, rinforzate però con il defender esterno collegato con delle brugole ad una ghiera di acciaio interna e vincolata ad un ulteriore defender interno. Ottima dal punto di vista della sicurezza per evitare che il cilindro possa essere sfilato dalla sua sede, se colpito con un attrezzo con una punta tipo cacciavite ed una mazzetta da 5kg, che ovviamente ha senso se posto però su di una porta blindata di appartamento, che risulta atta a sopportare un urto continuo. Richiederlo su una porta di un cancello mi sembra anacronistico, vista la debolezza del mezzo stesso. Inoltre tale tipo di serratura e quali dovrebbero essere le sue specifiche non viene assolutamente riportato tra le Definizioni di Polizza, elemento di univocità di interpretazione.
Nella fattispecie del sinistro che mi è stato sottoposto, un incendio appiccato ad un bene posto all’aperto, i vandali, da quanto evinto, hanno banalmente scavalcato la recinzione, di mt 1.50, ed hanno appiccato il fuoco ad una imbarcazione presente nell’insediamento. Inoltre dalle rilevazioni effettuate è emerso che la porta motorizzata del cancello era rifermata da due semplici lucchetti.
Ovviamente il tutto è stato accertato con riserva, demandando alla Compagnia il compito di derimere se i mezzi di chiusura fossero conformi a quanto richiesto dal contratto, poiché di fatto gli stessi non rispondevano a quanto richiesto dal dettato di polizza e i “vandali” non hanno effratto i ”mezzi di chiusura” presenti sulla recinzione.
In conclusione, sarò “obsoleto” forse, ma certamente sempre favorevole ad ogni evoluzione perché solo con l’innovazione e l’aggiornamento continuo si può capire l’evolversi del mercato Assicurativo, ritenendo comunque che alcuni capisaldi tecnici vadano salvaguardati e tenuti in giusta considerazione per avere sempre Contratti chiari e senza dubbi interpretativi.
Quindi ben venga la Cyber Risk, ma cerchiamo nella stesura dei Contratti di evitare voli pindarici e considerare di applicare ciò che le vecchie Norme ci hanno insegnato.
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