Durante l’ultimo convegno Assit di Milano Marittima è emerso chiaramente, dopo che gli Ospiti intervenuti lo hanno ripetuto più volte, che l’orientamento delle Compagnie nei confronti del proprio “Cliente” è Centrale. Difatti ogni Compagnia sta cercando di differenziare i propri contratti sia dal punto di vista assuntivo che da quello liquidativo, per meglio rispondere alle esigenze degli assicurati.
Partendo da questo assunto ho provato a consultare diversi contratti e posso affermare che alle parole sono seguiti i fatti.
Relativamente al Ramo Furto alcune Compagnie hanno già iniziato a predisporre clausole relative ai mezzi di protezione e chiusura in modo completamente nuovo che stravolge il concetto assicurativo, travalicando anche il vecchio concetto delle clausole di salvaguardia che prevedevano applicazione di scoperti in casi discordanti.
L’articolo di questo mese prende in considerazione l’evoluzione e le modifiche che i mezzi di protezione e chiusura, elemento condizionante dell’efficacia del contratto, hanno subito in questi ultimi anni. Su alcune problematiche, che si possono riscontrare in sede liquidativa, ho già espresso il mio parere in precedenti articoli.
Premesso che l’evento furto accade solo per fatto doloso dell’uomo e senza nessuna caratteristica di accidentalità, ma solo con premeditazione, è chiaro che le cose assicurate debbano essere protette e ben custodite.
Perché questo avvenga, le cose assicurate devono essere poste all’interno di locali aventi caratteristiche costruttive definite relativamente a strutture portanti, pareti esterne, solai e tetto, nonché idonei mezzi di chiusura per quanto attiene a serramenti, inferriate e serrature.
Quasi tutti i contratti attualmente presenti sul mercato prevedono che i materiali di costruzione per le pareti perimetrali, solai o copertura, siano in vivo, cotto, calcestruzzo, vetrocemento armato, cemento armato o no. Ciò determina una protezione appropriata e una resistenza adeguata ai tentativi di sfondamento e scasso tali da soddisfare le esigenze dell’Assicuratore sia dal punto di vista assuntivo che da quello liquidativo poiché tale situazione risulta facilmente determinabile in caso di sinistro.
Su questo aspetto pochissime Compagnie applicano clausole di salvaguardia o riduzioni percentuali dell’indennizzo, per questo è importante da parte del perito valutare esattamente i materiali impiegati nella costruzione del fabbricato.
Per i contratti furto in genere, relativamente ai mezzi di protezione e chiusura, la formulazione è un po’ più complessa e occorre fare una breve cronistoria dell’evoluzione delle clausole “mezzi di chiusura”.
Nel 1958 la tariffa per mezzi di chiusura, prevedeva solo la clausola 24 la quale richiedeva che le porte fossero costruite interamente in legno e/o ferro, chiuse con serrature o altri congegni atti a determinare una protezione efficiente e che finestre e porte-finestre, poste a meno di 4 metri dal suolo, avessero valide inferriate fisse, oppure imposte o serrande avvolgibili in legno o ferro, entrambe munite di valida chiusura interna.
Nel 1966 la stessa clausola introdusse il dimensionamento massimo delle luci (cm 18×50), sia per le intelaiature fisse di ferro sia per le inferriate.
Nel 1972 vi è lo sdoppiamento della clausola in 24A e 24B.
La 24A la più severa, fissa l’assenza di luci per le saracinesche il cui spessore minimo deve essere di 8/10 di mm, analogamente per le porte e le imposte fissa spessori minimi di 15 mm se in legno e 5 mm se in acciaio, mentre per le inferriate viene indicato uno spessore minimo di 15 mm, se con luci non rettangolari, di superficie non maggiore di 400 cmq.
La clausola 24B invece prevede delle varianti atte a definire mezzi di protezione meno efficaci come robusti serramenti di legno, materia plastica rigida, cristallo o vetro antisfondamento, metallo o lega metallica e altri simili materiali comunemente impiegati nell’edilizia. Il tutto totalmente fisso o chiuso con idonei congegni (quali barre, catenacci e simili, manovrabili esclusivamente dall’interno) oppure chiuso con serrature o lucchetti, mentre le inferriate, considerando tali anche quelle costituite da robuste barre di metallo o lega metallica diversa dal ferro, fissate nei muri e con luci di superficie non superiore a 900 cmq.
Verso metà degli anni ’80 vengono prese in considerazione le nuove esigenze del ”mercato”, ed alcune sentenze della Corte Suprema e della Cassazione.
Relativamente ai soli Rischi Civili la Sezione Tecnica dell’Ania licenzia le nuove varianti alla Tariffa e solo per la clausola 24B si decide che se il furto avviene attraverso mezzi di chiusura sufficienti anche in presenza di insufficienze si paga con uno scoperto del 20%.
Dopo questa miglioria vi è stato un continuo rincorrersi da parte delle Compagnie per modificare in modo favorevole la clausola nei confronti del cliente, applicando la variante di cui sopra anche ai rischi commerciali.
Nel 2005 in ANIA la Sezione Tecnica Furti decide di condurre uno studio sulle problematiche relative ai Rischi Civili; la Commissione incaricata propone un nuovo modello di polizza con assistenza, che prevarica il concetto di mezzi di chiusura, riportando la seguente formulazione:
Furto senza effrazione
…” in caso di furto delle cose assicurate effettuato senza effrazione di pareti, solai, serramenti e serrature poste lungo il perimetro della dimora abituale viene applicato uno scoperto del …% ”
Nessuna Compagnia, da quanto mi risulta ha preso in considerazione tale formulazione, mentre parecchie hanno iniziato a sbizzarrirsi togliendo le varie dimensioni delle luci e richiedendo che l’introduzione nei locali avvenisse solo con effrazione dell’elemento strutturale.
Quello che emerge da questo articolo è che l’atteggiamento delle Compagnie, visto l’andamento del mercato, sarà sempre più rivolto alla formulazione di clausole o condizioni estensive e favorevoli nei confronti della propria clientela. Compito del perito sarà quello di prestare sempre una maggiore attenzione nella lettura dei contratti e nella applicazione dei dettati di polizza in quanto non è detto che anche con mezzi di chiusura insufficienti e non operanti non si paghi.
Cesare Biscozzi
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