Nel mondo assicurativo solitamente si tende a parlare di vetro antisfondamento, ma di cosa si tratta? È corretto definirlo “antisfondamento” o sarebbe meglio parlare di vetro stratificato ed aggiungere l’aggettivo che lo qualifica come: antinfortunistico, antivandalismo, anticrimine o antiproiettile?

Proviamo a capire meglio di cosa si tratta.

Se analizziamo il termine antisfondamento troviamo alcune definizioni di massima che riportano: “Fatto in modo che non si può sfondare”, nello specifico “Manufatto che offre una particolare resistenza ai tentativi di sfondamento attuati con corpi contundenti come mazze, picconi, spranghe e simili”.

“Antisfondamento” pertanto è un termine indefinito che fa riferimento ad un manufatto come il vetro che può resistere ad attacchi senza infrangersi o rilasciare schegge. Quindi anche il vetro retinato o il vetro cemento potrebbe possedere tali caratteristiche.

Quando in Ania fu modificata la clausola dei “mezzi di chiusura”, estendendola agli infissi protetti da solo vetro, si pensò ad una definizione “assicurativa”, volutamente generica, mancando una Norma precisa che identificasse cosa fosse un vetro stratificato.

Le Compagnie non ritennero necessario riportare nei contratti la definizione di cosa fosse un “vetro antisfondamento”, poiché era sufficiente quella riportata nella tariffa “verde” Furto:

VETRO ANTISFONDAMENTO: manufatto che offre una particolare resistenza ai tentativi di sfondamento attuati con corpi contundenti come mazze, picconi, spranghe e simili. È generalmente di due tipi: il primo tipo è costituito da più strati di vetro accoppiati tra loro rigidamente, con interposto, tra vetro e vetro, uno strato di materiale plastico in modo da ottenere uno spessore totale massiccio non inferiore a 6 mm.; il secondo tipo è costituito da unico strato di materiale sintetico (policarbonato) di spessore non inferiore a 6 mm.”

Tutto il mondo assicurativo, anche quello peritale, si basava sulla definizione riportata in tariffa quindi non vi era nessun contenzioso in quanto “…lo ha detto l’ANIA!”, era senz’altro la verità.

Alla fine degli anni ’90, a seguito della pubblicazione delle Norme Uni 9186 “Vetri stratificati per edilizia e arredamento con prestazioni antivandalismo e anticrimine” e 9187 “Vetri stratificati per edilizia e arredamento con prestazioni antiproiettile”, venne dato incarico al Gruppo di Lavoro Prevenzione in Ania di condurre uno studio per verificare i metodi di prova che ne determinavano il grado di resistenza. Le prove erano effettuate per mezzo di un pendolo a cui era attaccato un peso che colpiva un provino. Il calcolo della forza espressa in Joule determinava la resistenza dei manufatti.

L’attività svolta portò alla pubblicazione di una monografia dal titolo “Materiali trasparenti per la prevenzione furto ed incendio” per portare a conoscenza di tutti le problematiche e gli esiti dello studio condotto sui materiali trasparenti. I risultati furono anche usati e riportati nelle schede del Manuale di Prevenzione Furto, tutt’ora in vigore in formato digitale.

Pur a conoscenza delle nuove norme, le Compagnie continuarono a scrivere e riportare sui loro contratti “vetro antisfondamento”, mentre tutto il mondo della sicurezza parlava di vetri stratificati con caratteristiche antinfortunistiche, antivandalismo, anticrimine o antiproiettile, riportando per ciascuna delle tipologie la specifica resistenza data dallo spessore e dalla quantità di film plastico (polivinilbutirrale) a cui era accoppiato il vetro, quindi la sua capacità, espressa in Joule, ai tentavi di attacco e infine allo sfondamento. Costituito dal mitico “passo di mano” cioè una slabbratura nel vetro tale da consentire di introdurre  una mano per poter aprire l’eventuale maniglia o riferma posta all’interno del manufatto effratto.

Tra il 2001 e il 2002 le Norme, solo Italiane, diventarono Europee rispettivamente: 356 manual e 1063 bullet, che cambiarono totalmente i parametri di prova, aumentando le classi di resistenza ed applicando il metodo anche ai vetri compositi. Quindi non solo vetro e polivilbutirrale, ma anche vetro accoppiato a lastre di policarbonato.

Volendo approfondire l’argomento e prendere visione  delle nuove metodologie di riferimento, si può visitare il sito: http://www.prevenzioneania.it/, dove si trovano le schede relative ad ogni tipologia di vetro.

Dal 2004, non essendo più in vigore le tariffe Ania, ogni Compagnia deve riportare nei propri contratti esattamente cosa intende per vetro antisfondamento.

In alcuni contratti però capita di non trovare la definizione di cui sopra, forse perché viene dato per scontato che tutto il mondo assicurativo sappia cos’è un “vetro antisfondamento”.

Quindi di fronte ad un manufatto non meglio definito è normale trovarsi in difficoltà nel determinarne la qualità.

I periti in tutto ciò come devono comportarsi?

Verificare se un vetro abbia effettivamente le caratteristiche sopra illustrate non è semplice.

Esistono in commercio “calibri”, normalmente di plastica o cartoncino, che funzionano sulla rifrazione del vetro. Vi è una barra graduata e una di rifrazione, leggendo l’ombra di rifrazione sulla barra graduata si può stabilire lo spessore totale del vetro, ma non si può determinare di quante lastre è composto il manufatto. Oltretutto quando ci si trova di fronte a dei vetri camera la rifrazione risulta doppia, così che la lettura si rivela falsata e non se ne può determinare l’esatto spessore.

 

Esistono anche dei calibri elettronici che determinano esattamente le lastre e il materiale plastico che compongono il vetro stratificato, e lo spessore interno dei vetri camera.

Se non fossimo dotati di questi strumenti la tecnica classica è quella di picchettare il vetro con le nocche, il suono sordo implica un vetro doppio. Ma doppio di quanto? Rispetta le Norme? È un vetro con prestazione antiinfortunistiche? È di mm 3+3+film plastico, come da richiesta minima delle Compagnie?

È consigliabile quindi richiedere sempre il certificato di installazione per capire esattamente quale vetro è stato montato, poiché  quando interveniamo solitamente il vetro è già stato sostituito e ci troviamo di fronte ad un vetro stratificato certificato, ma quello che vi era montato prima, oggetto del sinistro, era uguale? Perché è questo che si deve indennizzare. Quindi è  opportuno richiedere sempre al vetraio che ha sostituito il vetro una dichiarazione di come era il vetro precedente.

Nel terziario il problema è quasi risolto in virtù di Norme per la sicurezza fisica delle persone che impone vetri con funzioni anti infortunistiche negli ambienti di lavoro. Quindi in posti dove vi è un alto transito di persone si può avere una quasi certezza che i vetri siano stratificati con funzione antinfortunistica. Comunque conviene sempre richiedere il certificato di installazione obbligatorio.

In conclusione, quando ci troviamo di fronte a dei vetri stratificati ricordiamoci che alle Compagnie basta un vetro da mm 3+3+film plastico per ritenere il mezzo di protezione valido. Quindi un vetro con prestazioni antinfortunistiche rispecchia le esigenze di qualsiasi clausola che riporti come definizione “vetro antisfondamento”.

Pertanto che il vetro sia antisfondamento o stratificato non ha rilevanza, l’importante è che rispetti le caratteristiche sopra descritte.

Cesare Biscozzi