di Marco Ruggi.
Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani. Mi ero impegnato a non parlare più di periti, bensì di società e come spesso accade mi sono ritrovato in anticipo sul tempo. Ho pensato e ripensato al convegno di venerdì 21 giugno tenutosi ad Arquà Petrarca ed organizzato dalle Win che saluto e ringrazio per l’invito all’Osservatorio, senza ritrarmi nel concedere complimenti per la riuscita dell’evento. Brava Alessandra, brave tutte. Il sabato e la domenica successiva ho fatto il rewind dell’incontro dal titolo di forte aspettativa: “Il futuro del Perito e delle Società Peritali”. Senza disconoscere l’importanza del confrontarsi a prescindere, non ho potuto evitare che mi montasse una perplessità generale, peraltro manifestata nel mio breve intervento sul palco. Sia chiaro, nessuna negatività; non potrei, per mia natura ottimistica sempre. Certo è, che trovo una partenza stentata affrontare un dibattito sul futuro della professione, argomentando con pensieri e conoscenze del passato l’attualità del presente, parlando di cambiamento come se toccasse non noi periti/società ma un mondo parallelo. Ecco, in alcuni sprazzi ho avuto la sensazione che si parlasse di altri mercati, non del settore della liquidazione dei danni. Tutto normale! Il nostro paese è arretrato e fatica seriamente nel cambiamento sia a livello politico che economico. Ancora non ci siamo fatti una ragione di come sia stato possibile che dalla quinta potenza mondiale quale eravamo, siamo retrocessi e retrocessi. Nelle istituzioni e nelle aziende non è chiaro questo cambiamento e si persevera a vendemmiare sui vitigni di ieri come se nulla succedesse. Le assicurazioni non sono da meno ed i periti ancor peggio, gravati di difficoltà nell’affrontare argomenti previsionali per il futuro. I risultati di oggi non sono figli delle azioni di oggi. Vale a dire che se vogliamo che cambi qualcosa dobbiamo attivarci oggi, affinche ciò possa avvenire domani. I relatori dell’incontro hanno espresso ragionamenti, forse non totalmente condivisibili, ma certamente propedeutici per aprire un dibattito concreto sul futuro. Le scelte di oggi fatte con le conoscenze di ieri non sarebbero forse spunto eccezionale per discutere? Capire cosa è cambiato nel mondo negli ultimi 30 anni non sarebbe utile per affrontare la nostra storia futura? O forse si pensa che continueremo ad essere soltanto un mondo parallelo fatto di stime e dettati di polizza. Dal 1970 ad oggi è cambiato il modo di comprare, di vendere, di relazionarsi e di vivere. Siamo passati dal mercato dell’offerta a quello di richiesta. A nostra volta non riusciamo a sfilarci dal cambiamento del mercato, che oggi premia più l’applicazione delle soft skill rispetto al prodotto ed al servizio: esperienza, risoluzione dei problemi, personalizzazione, umanizzazione, empatia ed emozioni sono le qualità cardine per affrontare il futuro. Più si va verso la digitalizzazione e più le persone hanno bisogno delle persone. Il barista non propina più soltanto un caffè ma vende dialogo e simpatia. L’avvocato ridurrà per l’avvento della tecnologia l’assistenza legale classica a favore della serenità del suo assistito. Il perito già oggi lavora più sulle proprie capacità di ascolto e problem solving piuttosto che sul prodotto/servizio come da sempre inteso. In un mondo dove l’informazione ha sempre meno valore, resta della conoscenza/competenza. In un paese in deflazione, dove tutti immaginano che le cose andranno peggio, la mancanza di fiducia soffoca. Se manca la fiducia tutto vale niente. Se noi strutture peritali, di riparazione o bonifica, abbiamo nostre le soft skill e sappiamo diventare dispensatori di fiducia, allora valiamo e possiamo ipotizzare di farci pagare di più. Il valore più potente è quello della fiducia, della credibilità. Luca Ventola di Generali, in un incontro di qualche giorno fa, neanche ci fossimo messi d’accordo ma tant’è ho fatto questa integrazione all’editoriale già scritto, ha parlato appunto di questo: della fiducia; qualità e servizio sono oramai una certezza e si deve lavorare per diventare provider partner della Compagnia, legati per la fiducia. Ha detto anche altro di interessante: “noi provider abbiamo una torre da mantenere (struttura organizza su vecchi fondamenti economici) ma se vogliamo risultare competitivi dobbiamo pensare di rivedere organizzazione e processi. Se ripartissimo da zero, senza zavorre, saremmo favoriti”. Interessante il pensiero, vero? Spaziando con la mente e mettendo insieme più considerazioni, mi sono quindi ricordato della frase D’Annunziana più volte ripetuta dal noto Montanelli: – Fatta l’Italia, bisogna fare gli Italiani. Fatta l’associazione unica delle società dei servizi liquidativi, bisognerà lavorare sodo per fare gli imprenditori del settore, dico io. Quelli che hanno dignità, che sanno stare a testa alta e con intelligenza confrontarsi. Quelli che non si sentono desublimati di fronte ad un assicuratore, convinti che ci hanno messo anima e denaro per riuscire a costruire qualcosa per se stessi, per quanti lavorano per la loro azienda, per gli assicurati e gli assicuratori stessi. Quelli in grado di fare previsioni per il futuro. Quelli con la determinazione di essere il futuro. Purtroppo, ancora fatichiamo a far uscire il sano ed ambizioso orgoglio. Il timore e l’individualità ci aggrovigliano nell’immobilismo; nel fare ciò che sempre abbiamo fatto perché tutti vogliono il cambiamento e nessuno vuole cambiare. Tuttavia, nell’incontro delle Win è stato messo un primo seme per l’aggregazione. Resto convinto che le Win potrebbero essere realmente l’anello di congiunzione di tutte le forze in campo per l’aggregazione della categoria. Nella breve intervista che la Presidente Win, Alessandra Trentin, mi ha rilasciato, ho strappato un impegno formale per lavorare serrati alla costruzione del futuro delle società unite. Alessandra e Win tutte, confido su di voi per l’unità mai raggiunta. Vi aspetto.
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