di Massimiliano Masia.

Le meraviglie che ci aspettano fuori.

La nuova ASSIT è nata! W la nuova ASSIT! ASSIT è anche la mamma dell’osservatorio e ora che la mamma ha cambiato vestito forse anche il figliol (prodigo) dovrà vedere come collocarsi, di cosa parlare, quale verbo divulgare…

Ho sempre letto con interesse gli articoli dell’Osservatorio e assaporato con allegria le videointerviste di Marco apprezzandone la freschezza e l’immancabile domanda provocatoria al malcapitato di turno.

Ora mi è stata chiesta una mano a scrivere su queste prestigiose pagine e mi sono arrovellato per capire cosa potesse interessare i (“nostri”, ormai posso chiamarli così) lettori. Ci sono sicuramente colleghi molto più bravi di me a scrivere di tecnica assicurativa e di altre questioni giuridiche per cui….non mi ci addentro e poi francamente mi pare che i problemi di oggi siano ben altri….anche ASSIT ha cambiato pelle per rappresentare le società di servizi peritali e non più i periti come professionisti, per questo c’è AIPAI dove molti di noi sono transitati (apro e chiudo parentesi, speriamo sia la volta buona di avere un’unica associazione peritale)!

Come solleticare un minimo di curiosità nel lettore…..come indurlo ad arrivare alla fine di queste poche righe..

La curiosità è un istinto che nasce dal desiderio di sapere qualcosa e guardare dal buco della serratura è un’azione forse nata insieme alla serratura stessa. Se è così, forse, qualcuno sarà interessato a sapere chi scrive o cosa ha permesso a una società come Agree, che oggi rappresento nella veste di CEO, di nascere, crescere e convincere il mercato della bontà delle proprie idee…Chissà, forse questo….interesserà, se così non sarà, passate semplicemente oltre!

Intanto mi presento, Massimiliano Masia, geometra, ingegnere mancato proprio per colpa della professione di perito che ho iniziato incidentalmente a fare verso la fine della mia carriera universitaria, senza maestri, senza padri periti, senza, di fatto sapere nulla di questo mondo. Ma ero un universitario abituato a studiare davvero tanto con in testa il motto quotidiano: problema, analisi, soluzione. Il mondo assicurativo non poteva di certo sottrarsi a questa semplice regola e così comprai una vagonata di libri, tra cui tutti quelli dell’ANIA, e affrontai il mio inizio come affrontavo un esame, uscendo da una clausura di un paio di settimane con le competenze tecniche e tanta voglia e necessità d’imparare e fare esperienza. Allora il fatto di fare perizie stampate a computer, quando ancora quasi tutti usavano la macchina da scrivere, mi metteva in luce come un mezzo fenomeno e qui trassi il primo insegnamento: forma e sostanza vanno a braccetto! Spremetti i liquidatori del tempo, che più che gestori di processo erano veri e propri tecnici della materia, e in breve mi ritrovai a essere un perito vero!  Gli anni di lavoro seguirono come quelli di tanti colleghi tra perizie, polizze, condizioni contrattuali, assicurati, terzi, liquidatori, fusioni di compagnie che si spostavano via via verso modelli di business sempre più difficili da capire così, un po’ per curiosità, un po’ perché mi ero rotto le scatole verso la metà degli anni 2000 presi ad occuparmi personalmente più di perizie estimative nell’ambito mobiliare (questo proprio grazie alla palestra degli anni fatti come perito assicurativo) e immobiliare lasciando la parte prevalente del lavoro assicurativo ai collaboratori e limitandomi alla gestione delle inevitabili pratiche rognose che nel nostro lavoro non mancano mai. Il mondo delle stime mi ha dato l’opportunità negli ultimi 15 anni di lavorare, per tramite delle procedure concorsuali, nel mondo delle imprese dove ho potuto vedere da vicino perché le società funzionano o vanno in crisi, cosa significa essere imprenditori, o cosa vuole dire far finta di esserlo… 

La mia attività è andata avanti splendidamente in questi anni con grandi soddisfazioni professionali facendo un lavoro vario e stimato dalla committenza ma poi….

Alcuni elementi mi hanno portato su di una nuova strada, il totale stravolgimento del mercato assicurativo, l’allentarsi del morso della crisi che ha causato una riduzione delle procedure concorsuali ma, forse più di tutto, l’approssimarsi della mezza età (50 anni) che è sempre un momento di passaggio e riflessione su di sè e su ciò che ti circonda e dove cerchi stimoli nuovi che ti portino verso l’ultima parte della tua vita e, se sei fortunato, la pensione. Così sollecitato da amici/colleghi di lunga conoscenza e da qualcuno nuovo, abbiamo cominciato a pensare che forse era il momento di cambiare….

Prendo a prestito una frase di Ben Herbster, un reverendo di una chiesa protestante inglese, che ha scritto Il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare.

Detta così è semplice ma in quella differenza ci sta il cambiare e questo è cosa tutt’altro che facile….

Essere una società, fare impresa, ha richiesto di cambiare pelle rispetto a quello che eravamo e darsi obiettivi e modalità organizzative molto diverse da quelle che utilizzavamo. Il primo punto passava dalla consapevolezza di dover diventare, senza drammi, qualcosa di molto diverso da quello che eravamo. Per fare questo siamo dovuti uscire dalla nostra comfort zone che rappresenta i confini entro cui normalmente ci troviamo sufficientemente bene in particolari contesti della vita come: famiglia, relazioni o, nel nostro caso, lavoro. Vivevamo, lavorativamente parlando, in un luogo comodissimo e sicuro che ci eravamo creati basandoci sulle nostre esperienze e convinzioni ed in cui avevamo raccolto tutte le nostre sicurezze ed abitudini. In questa zona ritenevamo, sbagliando, di non essere esposti a rischi, di essere protetti da situazioni di dolore o disagio, sicuri di avere il pieno controllo di tutto perché in quello spazio, normalmente, accadeva esattamente solo ciò che ci aspettavamo. A questo punto la domanda sorge spontanea: ma se ci trovavamo così bene nella nostra comfort zone perché mai dovevamo uscirne? Perché cambiare? Certamente il cambiamento stravolgente del mercato assicurativo ci ha dato una bella spinta ma forse bisogna che il cambiamento diventi una mentalità strutturale, un semplice adeguamento continuo al mondo che cambia tutti i giorni. Questa volta prendo a prestito una frase dello scrittore francese Anatole France Se non cambiamo, non cresciamo. Se non cresciamo, non stiamo davvero vivendo. Mi rendo conto che questa è proprio una frase da cinquantenne!  Ma proviamo a ragionare insieme:

  • La zona di comfort rappresenta un limite. Anche se nel nostro piccolo ed accogliente mondo di sicurezze ci troviamo bene e siamo apparentemente sereni, guadagniamo, abbiamo il nostro tran tran quotidiano, la sensazione è pur sempre limitata dalle barriere che abbiamo eretto. Fuori dai nostri confini c’è un mondo (lavorativo) più grande che vale la pena scoprire.
  • Nella zona di comfort non c’è spazio per l’avventura e per le emozioni forti, tutto si riduce alla semplice sopravvivenza e tra vivere e sopravvivere c’è una bella differenza fra le due scelte in termini di felicità, di realizzazione personale e di potenzialità futura (anche economica). La vita, anche lavorativa, comincia dove finisce la zona di comfort.
  • La zona di comfort limita il nostro potenziale e non ci permette di crescere. Se vogliamo migliorarci a livello fisico, emotivo, spirituale, mentale, lavorativo dobbiamo per forza uscire dal recinto in cui siamo entrati perché questo ostacola la nostra evoluzione ed in natura ogni cosa che smette di crescere, prima o poi ristagna e con il tempo muore. Solo le situazioni eccezionali esigono il meglio di noi stessi. Ed è proprio in questi momenti che scopriamo di poter fare molto più di quello che credevamo.
  • Perché, come diceva un vecchio proverbio: “Chi non risica non rosica”, ovvero chi non rischia non otterrà mai nulla. Uscire dalla zona di comfort significa anche rischiare e mettersi in gioco, ma nel bene o nel male è necessario fare questo passo se vogliamo ottenere dei cambiamenti positivi nella nostra vita e nel nostro lavoro. Continuare a lamentarsi senza mai cambiare nulla non serve.
  • La zona di comfort è tendenzialmente statica mentre il mondo, specie lavorativo, è fortemente dinamico. La zona di comfort si modificherà a prescindere dal fatto che noi lo vogliamo ma anziché uscirne spontaneamente ne usciremo spintanemente.
  • La vita, anche lavorativa, è imprevedibile e piena di sorprese, se non ci concediamo la possibilità di provare cose nuove, rimarremo per sempre ignari di tutte le meraviglie che ci aspettano fuori.

E’ così che è nata Agree, superando la barriera della zona di confort per scoprire e vivere le meraviglie che ci aspettavano fuori! Ci siamo riusciti!