Autore: Cesare Biscozzi

Come ho già avuto modo di scrivere su questa rivista, le definizioni in un contratto assicurativo sono estremamente importanti, delimitano e chiariscono la portata del contratto stesso. Con l’avvento delle Polizze All risk’s, al posto delle tradizionali polizze a rischi nominati, necessariamente sono state introdotte una serie di “Definizioni” che permettono di chiarire l’intendimento dell’Assicuratore su termini assicurativi che potrebbero indurre equivoci nell’applicazione di alcune garanzie di Polizza.

A mio ricordo le polizze a rischi nominati riportavano banalmente come definizioni chi erano: il Contraente, l’Assicurato, la Società, il Sinistro e l’Indennizzo, in quanto trattandosi di Polizza, come sopra detto, a rischi nominati tutto ciò che non era descritto o riportato in opportuna clausola estensiva o limitativa non era compreso nel Contratto assicurativo. Con l’avvento dei testi di polizza All Risk’s, che indennizzano i danni materiali da “qualsiasi evento, qualunque ne sia la causa” e che invertono inoltre l’onere della prova, necessariamente devo riportare delle Definizioni e delle Esclusioni chiare. Inoltre devo altrettanto chiaramente indicare quelle che sono le Delimitazioni e Detrazioni per avere un contratto ben comprensibile per tutti, per l’assicurato in primis e per il perito che poi deve applicare i suddetti patti contrattuali.

Purtroppo nel tempo questa chiarezza si è involuta, gli estensori di contratti, nel cercare probabilmente di riportare Definizioni sempre più in linea con la omogeneizzazione dei propri contratti, hanno dimenticato i concetti basilari della originaria polizza Property e delle Norme Tecniche che avevano gestito i Rami Tecnici sino a qualche anno fa.

Ho già affrontato un problema analogo nel testo “A proposito di Contratti e di Norme…”, nel mese di Marzo del 2016. Relativamente all’uso ed abuso di richiami a Normative Tecniche da parte di estensori di Polizze Assicurative scrivevo:

…In speciale modo quando si affrontano contenuti legati alla prevenzione e alla sicurezza. Fare riferimento ad una Norma precisa od ad una definizione che limita l’effetto assicurativo richiede una profonda conoscenza dell’ambito di quanto è riportato nella Normativa a cui si fa riferimento. Poiché poi chi deve analizzare il sinistro si deve rapportare con quanto riportato nel contratto e molte volte si trova a non poter liquidare il danno in quanto la clausola prevede il decadimento della garanzia se non si rispettano determinate condizioni di funzionalità.

Ultimamente mi è capitata tra le mani la polizza di una Compagnia che riporta una definizione davvero singolare sui “Vetri antisfondamento”, che voglio condividere per cercare di farvi comprendere le bizzarrie con le quali ci dobbiamo confrontare quotidianamente per cercare di riuscire a interpretare degnamente il senso di quelle Definizioni che dovrebbero essere una guida a salvaguardia del nostro operato, ma che a volte complicano non poco la nostra attività in quanto la loro interpretazione è di difficile intendimento:

Vetro antisfondamento
Vetro stratificato anticrimine, costituito da due o più lastre con interposto materiale plastico, in grado di ostacolare l’attacco portato contro la lastra allo scopo di superarla per motivi criminali. Sono considerate equivalenti le trasparenze costituite da una lastra di materiale sintetico, policarbonato, o da uno stratificato composito, vetro più policarbonato, purché dotati di pari resistenza.

Così definito il “Vetro antisfondamento” non vuole dire nulla. Non si fa riferimento ad una Norma specifica, si parla di vetro stratificato anticrimine senza determinarne la classe, il grado o la resistenza. Si equipara al suddetto vetro anche una lastra di policarbonato o ci si avventura a dichiarare idoneo uno stratificato composito senza specificare la Norma di riferimento.

Così come descritto senza alcun riferimento a spessori o indicazioni a Norme UNI-EN qualsiasi vetro stratificato può andare bene. Attenzione però all’aggettivo “anticrimine”, che deve indicare un vetro di spessore minimo di mm 11/12 e fare riferimento alla Norma UNI EN 356, altrimenti non significa nulla.

Come riportato sopra ho già avuto modo di scrivere in merito alla problematica dei vetri stratificati, nell’Aprile del 2015, riportando le esatte Normative esistenti. Data però la definizione che ho riportato ritengo di non essere stato abbastanza esaustivo nel fare capire cosa sono i suddetti vetri. Nella ricerca di indicazioni relative alla Norma UNI EN, di facile comprensione e che richiudessero in se tutti gli elementi indicativi di tali vetri, mi sono ritrovato in un sito di una vetreria la quale ha ben sintetizzato i concetti espressi dalle Normative in vigore, con esempi semplici ed una tabella sinottica che esplicita in modo chiaro le varie tipologie di vetri indicandone anche gli eventuali spessori, sia in vetro che in materiale plastico, che lo compongono.

Riporto le definizioni e la tabella come riportate dal sito:

Vetro stratificato
Si definisce vetro stratificato di sicurezza il vetro che in caso di rottura non rilascia frammenti di vetro pericolosi. L’intercalare utilizzato per i vetri stratificati serve a trattenere i frammenti di vetro, a limitare le dimensioni dell’apertura riducendo il rischio di ferite da taglio o penetrazione.

Quando si parla di vetro stratificato si intende sempre vetro stratificato di sicurezza. La definizione normativa di vetro stratificato indica un insieme composto da un foglio di vetro e da uno o più fogli di vetro e/o di plastica, uniti assieme con uno o più intercalari. Questa definizione non contempla prestazioni di sicurezza, ma nel normale uso comune per vetro stratificato è implicito il concetto di vetro stratificato di sicurezza.

I vetri stratificati possono soddisfare molteplici esigenze e si classificano in:

  • vetri anti ferita;
  • vetri anti caduta;
  • vetri anti vandalismo – anticrimine;
  • vetri antiproiettile – anti esplosione;

 

Vetri antiferita e anticaduta
I vetri stratificati di sicurezza (UNI EN ISO 12543 – UNI EN 12600) consentono diversi livelli di protezione delle persone grazie agli intercalari plastici in polivinilbutirrale (PVB) il cui scopo è evitare che le schegge si stacchino dalla lastra (protezione antinfortunio) o che un corpo umano possa passare attraverso il vetro (protezione anti-caduta nel vuoto). Il livello di protezione dipende dal numero e dallo spessore degli intercalari in PVB utilizzati nella composizione del vetro stratificato.

Vetri antivandalismo – anticrimine
I vetri stratificati antivandalismo e antieffrazione (UNI EN 356) proteggono contro il lancio di pietre, piccoli atti di vandalismo, aggressioni di breve durata. I vetri anticrimine proteggono anche contro il furto organizzato e contro aggressioni ripetute e premeditate. Queste tipologie, hanno la funzione di ritardare al massimo l’intrusione e di dissuadere gli aggressori. Il livello di protezione dipende dallo spessore del vetro e del PVB utilizzati nella composizione del vetro stratificato.

Vetri antiproiettile e antiesplosione
I vetri stratificati antiproiettile (UNI EN 1063) sono concepiti per resistere ad un determinato numero di impatti di pallottole di armi da fuoco usando munizioni di diverso tipo per la classificazione. I vetri stratificati antiesplosione (UNI EN 13541) sono destinati a restare in posizione anche quando subiscono l’onda d’urto di una deflagrazione esterna. Il livello di protezione dipende dallo spessore del vetro e del PVB utilizzati nella composizione del vetro stratificato.

Vetri antiproiettile e antiesplosione

stratificato composizione  Classificazione Norma
6/7 3/0,38/3 2B2 (sicurezza semplice) UNI EN 12600 (2004)
6/7 pvb 0,76 3/0,76/3 1B1 (caduta nel vuoto)
P2A (antivandalismo)
UNI EN 12600 (2004)
UNI EN 356 (2002)
8/9 4/0,38/4 2B2 (sicurezza semplice) UNI EN 12600 (2004)
8/9 pvb 0,76 4/0,76/4 1B1 (caduta nel vuoto)
P2A (antivandalismo)
UNI EN 12600 (2004)
UNI EN 356 (2002)
10/11 5/0,38/5 2B2 (sicurezza semplice) UNI EN 12600 (2004)
10/11 pvb 0,76 5/0,76/5 B1 (caduta nel vuoto)
1 P2A (antivandalismo)
UNI EN 12600 (2004)
UNI EN 356 (2002)
11/12 5/1,52/5 1B1 (caduta nel vuoto)
P4A (antivandalismo)
BR1/S (calibro 22)
UNI EN 12600 (2004)

UNI EN 356 (2002)

UNI EN 1063 ( 2001)

12/13 6/0,38/6 1B1 (caduta nel vuoto) UNI EN 12600 (2004)
12/13 pvb 0,76 6/0,76/6 1B1 (caduta nel vuoto)
P2A (antivandalismo)
UNI EN 12600 (2004)

UNI EN 356 (2002)

19/21 8/4,56/8 P6B (antieffrazione)

P5A (antivandalismo)

BR2/S (calibro 9)

UNI EN 356 (2002)

UNI EN 356 (2002)

UNI EN 1063 (2001)

8/9 pvb 0,50phone 4/0,50phone/4 1B1 (caduta nel vuoto) UNI EN 12600 (2004)
8/9 pvb 0,76phone 4/0,76phone/4 1B1 (caduta nel vuoto)
P2A (antivandalismo)
UNI EN 12600 (2004)
UNI EN 356 (2002)
12/13 pvb 0,50phone 6/0,50phone/6 1B1 (caduta nel vuoto) UNI EN 12600 (2004)
12/13 pvb 0,76phone 6/0,76phone/6 1B1 (caduta nel vuoto)
P2A (antivandalismo)
UNI EN 12600 (2004)
UNI EN 356 (2002)

 

I vetri stratificati antiproiettile (UNI EN 1063) sono concepiti per resistere ad un determinato numero di impatti di pallottole di armi da fuoco usando munizioni di diverso tipo per la classificazione. I vetri stratificati antiesplosione (UNI EN 13541) sono destinati a restare in posizione anche quando subiscono l’onda d’urto di una deflagrazione esterna. Il livello di protezione dipende dallo spessore del vetro e del PVB utilizzati nella composizione del vetro stratificato.

A questo punto credo di avere espresso in modo sufficiente cosa si intenda per vetro stratificato. Spero che qualche Responsabile che opera nei comparti assuntivi delle Compagnie possa prendere buona nota di quanto riportato ed eventualmente riflettere sulle definizioni contrattuali, per poter semmai modificare con senno la portata delle definizioni riportate nei contratti così da avere chiarezza di intenti nella definizione dei sinistri.