Autore: Cesare Biscozzi

L’evoluzione tecnologica è in continua espansione, ciò che prima si cambiava con anni di studi oggi si trasforma addirittura nel lasso di pochi mesi. Viviamo quotidianamente un incremento di apparecchiature elettroniche che ci agevolano la vita, sia negli impegni in ambito lavorativo che in quelli privati.

In campo peritale il futuro, stante quello di cui si è parlato e discusso negli ultimi convegni, sarà la video perizia o la perizia in remoto, quindi anche il comparto peritale sarà coinvolto e sconvolto dall’evoluzione tecnologica. Chi non sarà in grado di adeguarsi a tale trasformazione sarà travolto dalle future innovazioni. A riprova di ciò, durante la recente manifestazione di Itassicura, un relatore ha dichiarato che già oggi  i lavori più richiesti non esistevano fino a 10 anni fa. Quindi la tecnologia la si deve capire ed usare, per non essere usati o surclassati da essa.

Mentre stavo scrivendo l’articolo ho avuto modo di ascoltare un servizio televisivo dove spiegava che l’intelligenza artificiale sta entrando con forza nel mondo del lavoro. L’esempio portato era quello relativo alla professione dell’Avvocato. Questo è quanto riferivano: “Faldoni infiniti da consultare prima dei processi. Ora in aiuto dei consumatori è arrivata una intelligenza artificiale, è l’epoca degli avvocati Robot che in pochi minuti sono in grado di analizzare migliaia e migliaia di testi, leggi o sentenze per trovare in tempi brevissimi quelle più adatte al caso che ci riguarda. Già oggi sono disponibili servizi Web in lingua inglese per avere consigli o suggerimenti legali forniti in una chat, non c’è un avvocato in carne e ossa ma un programma che a seconda delle informazioni che gli forniamo ci consiglia su cosa è meglio fare”.

Di conseguenza non serviranno più schiere di praticanti di studio per la ricerca di casi particolari, con i quali confrontarsi e da cui prendere spunto, poiché il lavoro verrà svolto da una Computer che ha in memoria tutto il compendio dei dati necessari per interpretare e quindi intentare una causa. Sarà questo il futuro, sistemi per auto-gestirsi anche in campi specifici, un tempo vincolati a professionisti con lunghi anni di studi sulle spalle? C’è di che meditare.

Per tornare al presente, oggi senza uno Smartphone in mano non riusciamo più a fare nulla, è il nostro ufficio “ambulante”. Oltre ad usarlo come telefono ormai è un Gps in grado di darci indicazioni stradali o per localizzare le fotografie utili alla stesura dei sopralluoghi, e ancora permette la visione di mail e documenti, o banalmente di scambiarci video per svago. Poteva mai uno strumento così complesso e duttile non trovare altri nuovi utilizzi?

Chi ha avuto la fortuna, durante il Convegno di Itassicura, di visitare gli stand della Fiera della Sicurezza, dando un’occhiata alla evoluzione nel campo delle serrature, avrà notato che la tecnologia si sta rivolgendo verso mezzi di chiusura di tipo elettronico. Lo Smartphone sarà la “chiave” del futuro.

I congegni di riferma sono e rimangono meccanici, ma al posto di una “banale” chiave sempre più ci si rivolge all’utilizzo di Smartphone, sistemi biometrici, tastiere alfanumeriche o chiavi evolute dotate di microchip. Questi strumenti ovviamente hanno delle qualità non prevedibili o pensabili con chiavi di concezione meccanica, ad esempio la funzionalità per la gestione di un controllo accessi. Praticamente si può decidere di assegnare un codice ai dipendenti di una qualsiasi attività, o ad ogni componente di un nucleo famigliare, ed ognuno potrà accedere imponendo la propria password o il proprio Smartphone, con la creazione di un registro eventi che riporti la data e l’ora di chi si è introdotto nei locali. Altro punto a favore da notare è l’esaurimento dei codici dopo tre imputazioni errate, così come per il Pin del cellullare, in caso di problemi il sistema si blocca e senza il relativo Puk, codice di sblocco, non si può più accedere ai locali.

Però c’è sempre un però. Anzitutto non tutte queste serrature hanno a corredo un registratore di eventi, e altra cosa importante i dati informatici, se pur criptati, possono essere clonati.

L’evoluzione della clonazione delle carte con banda magnetica, o microchip, sta raggiungendo livelli che fino a ieri si credevano impossibili. Si deve solo duplicare ed utilizzare la banda magnetica o il microchip, non è necessario avere anche il Pin che con strumenti adeguati è possibile recuperare direttamente dai dati della banda magnetica. Quindi ecco che ci troviamo di fronte ad un punto di debolezza del sistema, ma bisogna anche dire che questo non è direttamente un nostro problema. Noi periti ci dobbiamo concentrare nel rilevare l’applicazione dei patti contrattuali.

Credo che oramai sia chiaro a tutti che nei casi di furto si parla di rottura o scasso, questo è quello che un Perito deve rilevare per poter mettere ad indennizzo un sinistro. Purtroppo i contratti parlano ancora di uso di chiavi false e di grimaldelli.

Riporto una domanda postami da un collega: “Nel caso in cui una serratura sia ad attivazione elettronica (card magnetica + codice alfanumerico), come si rilevano le tracce di scasso se il ladro conosce il codice o riproduce in modo adulterino la card?

Ho già espresso attraverso questa rivista, e anche in qualche corso di formazione, le tecniche per l’apertura fraudolenta di serrature con i mezzi più disparati, dal Bumping per le serrature a cilindro, alla chiave Bulgara o Magic Key per quelle a doppia mappa. Il problema quindi è come considerare l’eventuale uso di codici, o di clonazione di tessere magnetiche, con la richiesta di polizza per cui l’apertura delle serrature deve avvenire tramite “uso di chiavi false o di grimaldelli”.

Se la polizza riportasse l’uso fraudolento di chiavi non ci sarebbero problemi, in quanto effettivamente l’utilizzo dei codici, o di password clonate, non avviene per delega autorizzata di apertura. Qualche Compagnia ha incominciato a porsi il problema di questi tipi di serratura, gestendo nell’Oggetto dell’Assicurazione un comma che richiede:

…Mediante apertura di serrature elettroniche, senza rottura o scasso, utilizzando tessere dotate di banda magnetica con microchip o microprocessore non originali, purché dette serrature siano collegate ad una centralina di controllo tramite un mezzo trasmissivo, fisico o wireless e dotate di dispositivi atti a registrare le aperture e i tentativi di apertura.

Così come è scritto risulta ineccepibile, si estende la garanzia anche all’apertura di serrature elettroniche, senza rottura o scasso, ma deve essere presente un registratore di eventi che possa segnalare tutte le aperture per verificare eventuali effrazioni.

Purtroppo, come spesso accade, quando andiamo a verificare un sinistro scopriamo che le apparecchiature elettroniche avevano dei problemi, il registro eventi era scollegato, o in manutenzione, o non funzionante, etc. Se abbiamo fortuna, ed è presente qualche segno di scasso sul battente, possiamo mettere ad indennizzo il danno, altrimenti secondo i dettami di polizza non si potrebbe indennizzare il sinistro in quanto la richiesta è di “chiavi false, grimaldelli o arnesi simili”. Diversamente, nel caso di utilizzo di scheda elettronica o password sarebbe equiparabile all’uso di chiave autentica o “uso fraudolento di chiave”. Quindi ai già noti problemi che avevamo, di dover dimostrare l’apertura di una serratura con l’utilizzo di strumentazioni meccaniche, grimaldelli, o chiavi artefatte, le quali a volte lasciavano qualche traccia di “forzatura” della serratura, si aggiungeranno anche i problemi per serrature aperte senza che sia possibile determinare come siano state violate, in quanto non vi sarà alcuna traccia apparente di “scassi”. Inoltre se non esistesse il registratore di eventi, o per qualunque motivo non fosse funzionante, non potremmo nemmeno determinare quale password o quale codice sia stato clonato, ovvero utilizzato per l’apertura fraudolenta della serratura.

Sarebbe opportuno che tutte le Compagnie uniformassero l’art. “Oggetto dell’Assicurazione” togliendo il termine desueto “chiave falsa”, che oggi non ha più ragione di esistere in quanto la “copia di una chiave” è una semplice “copia”, non è una chiave falsa, e come è noto una chiave falsa o passepartout valido per tutte le serrature non esiste. Viceversa, se riportassero più semplicemente “uso fraudolento di chiavi, uso di grimaldelli o di arnesi simili” non si avrebbero più contestazioni in fase di sopralluogo, e anche il nostro lavoro ne trarrebbe beneficio in quanto in ogni caso è l’utilizzo che faccio dello strumento “chiave” che ne individua l’impiego fraudolento. Rimarrà poi al perito il compito di analizzare le dichiarazioni dell’Assicurato per comprendere la veridicità delle dichiarazioni rese a suffragio del fatto che gli è stata copiata o clonata la chiave.

Insomma, la tecnologia continua ad avanzare e non è solo un fatto sociale, è un traino che dobbiamo saper sfruttare per migliorare nel nostro lavoro. Ci saranno lati positivi come ce ne sono di negativi, e proprio per questo aggiornare i nostri strumenti è ormai un dovere.